Avvenire – 5 Marzo 2013
A differenza della Tunisia e dell’Egitto, dove i partiti islamici hanno raccolto, alle prime elezioni libere successive al rovesciamento della dittatura, il maggior consenso, qui le elezioni dello scorso luglio hanno premiato una coalizione liberale, l’Alleanza delle forze nazionali. Tuttavia, nel Paese si moltiplicano le intimidazioni contro gli occidentali in generale e i cristiani in particolare. L’ultimo, sabato, quando un uomo armato e entrato con una scusa nella cattedrale cattolica di San Francesco a Tripoli e ha sparato due colpi contro un sacerdote, padre Magdi, mancandolo. «Lo voleva uccidere, ha aperto il fuoco da 2-3 metricon un Ak47», ha detto il vicario apostolico in Libia, monsignor Giovanni Martinelli, spiegando che sono in corso accertamenti da parte delle autorità. «E la prima volta che succede una cosa del genere, siamo molto preoccupati», ha aggiunto il prelato. Che, pero, ha rivolto un invito alla calma, sottolineando che potrebbe essersi trattato di «uno squilibrato». Certo, resta la paura per una comunità già sottoposta a continue minacce. In Cirenaica, in particolare a Bengasi, le intimidazioni non si contano più.
La settimana scorsa, tra 50 e 100 copti egiziani sono stati arrestati con l’accusa di proselitismo. Secondo il consolato egiziano a Bengasi, 20 di loro sarebbero già stati liberati, mentre altri 23 sono sono in attesa del rilascio. Fonti della sicurezza libica hanno precisato che il loro arresto non aveva motivazioni religiose, ma era legato alloro ingresso illegale in Libia. La soluzione del caso sarebbe arrivata sabato, in seguito a colloqui tra i ministri degli Esteri dei due Paesi. Resta tuttavia una discordanza sui numeri, visto che gli attivisti copti che hanno denunciato il caso hanno parlato di un centinaio di egiziani arrestati e «torturati».
Non è la prima volta che i copti residenti in Libia finiscono nel mirino dei salafiti. La scorsa settimana, un gruppo di uomini armati ha attaccato una chiesa a Bengasi aggredendo due preti della comunità egiziana. A dicembre, due copti sono rimasti uccisi e altri due feriti nell’ esplosione di una bomba in una chiesa di Dafniya,200 chilometriest di Tripoli. Altri episodi hanno preso di mira le comunità evangelica e cattolica. Il 13 febbraio 4 persone di diverse nazionalità sono state accusate di svolgere attività missionarie. «Fare proselitismo e vietato in Libia», aveva spiegato un responsabile della sicurezza libica. «Siamo un Paese composto al 100 per cento da musulmani e questa tipo di azioni mina la sicurezza nazionale». Sempre a febbraio, il vicario apostolico di Tripoli ha denunciato «sorgenti di fondamentalismo» che condizionano «il rapporto con il mondo musulmana e quindi conla Chiesa».
«A noi dispiace, commenta monsignor Giovanni Martinelli, perche e stato sempre un rapporto proficuo, molto importante, che ci ha aiutato a crescere in comunione con il mondo arabo e musulmano». Oggi, tutte Ie suore hanno lasciato Tobruk, Beida, el Merj e Derna dopo aver subito pressioni dai fondamentalisti. Sano rimaste in Cirenaica solo le suore dell’Immacolata Concezione di Ivrea che si trovano a Bengasi da diverso tempo. Mala Chiesanon demorde e già si prepara al prossimo rientro delle suore nelle loro comunità. «Non e un islam che cerca il dialogo questo conclude monsignor Martinelli -. E una cosa nuova perla Libia. Acui non possiamo rimanere indifferenti».
Camille Eid