Libero – 26 Agosto 2009

Anche al realismo politico c’è un limite. Comprendiamo le ragioni che sottostanno al rapporto di buon vicinato tra Italia e Libia, come ha scritto ieri Maurizio Belpietro, ma esse non possono giustificare l’eccesso di zelo nel compiacere il dittatore di Tripoli a fini commerciali o per indurlo a tenere sotto controllo i flussi migratori. L’ennesimo omaggio che Berlusconi si appresta a rendere a Gheddafi non aggiunge e non toglie niente a quanto già stabilito tra i governi dei due Paesi. Ma è innegabile che si presta ad una lettura negativa se si tiene conto che la Libia ha accolto soltanto pochi giorni fa l’assassino di duecentosettanta persone come un eroe. Sulla testa del “padrone” di questo terrorista voleranno le Frecce Tricolori come se l’uomo che ha cacciato gli italiani ed i loro morti da quella che era anche la loro terra fosse un benefattore e non l’equivoco personaggio che per decenni ha terrorizzato il mondo.

A Berlusconi vorremmo ricordare che quando qualcuno si è opposto, sia pure a parole, a Gheddafi, ha quantomeno ottenuto il suo rispetto. Ad esempio Oriana Fallaci che riuscì a tenergli testa e a trattarlo perciò che era: un predone ignorante.

Nel giugno scorso venne accolto in Italia come un trionfatore. ma purtroppo non c’era una Fallaci disposta a rinfacciargli le sue malefatte. Vedemmo soltanto uno stuolo di politici scodinzolanti, pronti a minimizzarne le minacce e a ridere delle sue sciocchezze. Per fortuna, al deprimente spettacolo si sottrasse il Presidente della Camera Gianfranco Fini il quale, stufo del ritardo del colonnello, gli fece trovare il portone di Montecitorio chiuso. Se è dalle relazioni internazionali che si giudica la grandezza di una nazione, bisogna concludere che l’Italia è piccola piccola.

Per Sadat, saggio presidente egiziano che conosceva bene Gheddafi, era «il pazzo di Tripoli». Del resto chi definiva la patria di Dante, Michelangelo e Leonardo come una «terra selvaggia» ,l’appellativo se lo meritava tutto. Se poi consideriamo che il suo “libro verde”, una sorta di vademecum sciovinistico e visionario, egli stesso lo definì , la guida nel viaggio dell’emancipa­zione dell’uomo, oltre che «nuovo Vangelo, il Vangelo della nuova era», non è difficile farsi un’idea del personaggio.

Gheddafi non è più lo stesso, si dice. Forse è vero. Adesso, infatti, si fa ricevere dai potenti della Terra, ma non rinuncia alle gratuite provocazioni, come quella di nominare, poco prima del viaggio in Italia, ministro degli Esteri il capo dei servizi segreti. Un tempo si faceva accompagnare da beduini armati fino ai denti, oggi da procaci fanciulle altrettanto armate. Prima espelleva gli italiani, i figli di italiani, i nipoti di italiani soltanto perché italiani:da un po’ li blandisce, ma ne pretende le scuse come se tutti fossimo criminali, figli e nipoti di criminali. Non s’è mai vista una nazione dal passato imperiale (vero e non da operetta come quello dell’Italia) inchinarsi ai dittatori che in nome della “liberazione” hanno schiavizzato i paesi “europeizzati”. E neppure abbiamo mai sentito nessuno, in un’aula universitaria. giustificare l’assenza di elezioni e Parlamento nel proprio Paese in nome di un vago potere che già sarebbe nelle mani del popolo: così si espresse Gheddafi alla Sapienza di Roma

Va tutto bene, naturalmente, perché siamo diventati “amici”. E quindi abbiamo munificamente risarcito la Libia dei danni che le avremmo arrecato occupandola nel 1911. Ma c’è un particolare del quale nessuno tiene conto: all’epoca la Libia non esisteva Esistevano Tripolitania e Cirenaica, sotto la sovranità dell’Impero Ottomano: un dominio davvero barbaro e primitivo, una «scatola di sabbia» come i non interventisti italiani definirono l’impresa. Non c’era niente e l’Italia costruì tremila chilometri di strade asfaltate, rese percorribili settemilacinquecento chilometri di piste, creò i porti di Tripoli e di Bengasi, fece una ferrovia lunga quattrocento chilometri, bonificò migliaia di terre incolte. Gli efferati episodi di crudeltà sono noti, deprecati e condannati. Ma mettiamoci pure dell’altro nella nostra vicenda coloniale e chiamiamolo scuole, ospedali, villaggi, il tutto per gli italiani, ma soprattutto per gli indigeni. E ricordiamo anche che quando Gheddafi inaugurò il suo potere assoluto, espellendo i nostri connazionali, confiscandone i beni, profanando i cimiteri per liberarsi perfino delle ossa degli italiani, violò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

La memoria corta gioca brutti scherzi. E gli scherzi generano ilarità. Ridiamo amaro, però, immaginando le nostre Frecce Tricolori volteggiare nel cielo di Tripoli.

Gennaro Malgieri