Ieri sera i quattro erano entrati in Libia dalla Tunisia. Diretti a Mellitah, sono stati sequestrati pochi chilometri prima di arrivare a destinazione, nei pressi di Zuwara. Le autorità stanno lavorando per valutare la matrice del sequestro e mettersi in contatto con i rapitori.  

Nel pomeriggio è apparsa su Facebook, pubblicato dai colleghi dei lavoratori rapiti, una fotografia dello striscione che chiede la libertà per i quattro italiani. «Freedom for Gino, Salvo, Filippo e Fausto»: è il messaggio apparso nel compound di Wafa, il centro della Libia dove opera la Bonatti. 

 TRE LE IPOTESI:  

1) L’Isis. In quest’area è crescente la presenza di miliziani del Califfato islamista. 

2) Le milizie. Nei giorni scorsi in Marocco è stato infatti firmato un accordo per la pacificazione nazionale senza gli islamisti di Tripoli. Il sequestro potrebbe essere un messaggio delle milizie contrarie all’accordo. È questa la tesi di Al Jazeera che, citando fonti militari di Tripoli, sostiene che i sequestratori sarebbero elementi vicini al cosiddetto «Jeish al Qabail» (L’esercito delle Tribù), le milizie tribali della zona ostili a quelle di «Alba della Libia». 

 3) Criminali “comuni”. Un’altra ipotesi è che si tratti di un sequestro a fine estorsivo. Nella stessa zona era stato rapito e poi rilasciato il tecnico italiano Marco Vallisa.  

GENTILONI: DIFFICILE FARE IPOTESI  

Il ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni, a La Stampa, ha affermato: «Siamo stati informati ieri sera e stiamo lavorando con l’Intelligence per raccogliere tutte le informazioni su questa azione criminale. È difficile al momento fare ipotesi sugli autori del rapimento. È una zona in cui ci sono anche dei precedenti». «Ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e concentrarci sul lavoro per ottenerne altre sul terreno. Quando abbiamo chiuso l’ambasciata italiana in febbraio – e siamo stati gli ultimi a farlo – abbiamo avvisato tutti i lavoratori italiani che la situazione si stava facendo davvero pericolosa».  

 FARNESINA AL LAVORO  

A Gentiloni «non sembra fondata» l’ipotesi che il rapimento di quattro italiani in Libia possa essere ricondotto a una rappresaglia contro l’impegno dell’Italia nel processo di pacificazione nazionale promosso dall’Onu. «L’Unità di crisi del ministero degli Esteri si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonatti. Come noto in seguito alla chiusura dell’ambasciata d’Italia in Libia il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del Paese invitando tutti i connazionali a lasciare la Libia. Intanto la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine. Il reato di sequestro di persona a scopo di terrorismo. Il pm ha affidato ai carabinieri del Ros i primi accertamenti per ricostruire quanto accaduto.  IL

GASDOTTO A MELLITAH E L’AZIENDA BONATTI  

Mellitah è il punto di partenza del gasdotto Greenstream, il più lungo d’Europa, da mesi minacciato dai combattenti e dall’avanzata dei miliziani dello Stato Islamico. Gestito per tre quarti dall’Eni e per un quarto dalla Noc, Compagnia nazionale libica, è un vero gioiello dell’ingegneristica. Fornisce all’Europa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno. due miliardi per l’italia e il resto per gli atri paesi, in prevalenza Francia. 

La Bonatti spa è un general contractor internazionale che ha sede a Parma. In una nota ha confermato il rapimento dei suoi quattro tecnici. La società offre, spiega il sito istituzionale della azienda, servizi di ingegneria, costruzione, gestione e manutenzione impianti per l’industria dell’energia. Ha sussidiarie o associate in Arabia Saudita, Egitto, Algeria, Kazakhstan, Austria, Messico Canada, Mozambico e Libia. Bonatti opera in 16 nazioni: Algeria, Austria, Canada, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Kazakhstan, Messico, Mozambique, Romania, Arabis Saudita, Spagna, Turkmenistan e appunto Libia.