«SIRTE è stata praticamente liberata, l’esercito che risponde al Consiglio presidenziale di Tripoli ha condotto una incredibile operazione in poco meno di 4 mesi. Ma in Libia la battaglia contro lo Stato islamico non è finita, e non dobbiamo condurla solo con i carri armati. Abbiamo visto in questi anni che l’Is cresce come un cancro dove ci sono gli Stati falliti. E allora la politica non può che essere una soltanto: ricostruire uno Stato libico che funzioni». Ahmed Maitig, vice-premier del governo libico, passa da una riunione all’altra. «Mi sto occupando di forniture elettriche, della situazione a Derna, del settore petrolifero: anche questa è battaglia contro l’Is, contro il terrorismo». Uomo d’affari di Misurata, 44 anni, è il primo vice- premier del Consiglio presidenziale libico. Fayez Serraj ha un ruolo più istituzionale e si muove come fosse il presidente di una società; Maitig è l’amministratore delegato, ha studiato a Parma, parla bene l’italiano.
Onorevole Maitig, qual è la situazione al fronte?
«A Sirte le operazioni sono quasi finite, ma non possiamo abbassare la guardia, allentare i controlli. Siamo già a caccia dei terroristi che sono fuggiti verso Sud, o hanno provato a infiltrarsi in altre città e villaggi».
È possibile che siano partiti in barca verso l’Italia?
«Lo trovo poco credibile, non ci sono indicazioni che ci siano terroristi dell’Is in movimento verso l’Italia. D’altronde come abbiamo visto in Francia e in Belgio, in Europa è presente un certo numero di questi invasati. Non c’è bisogno che arrivino da fuori. Se ci fossero a Sirte o altrove documenti con indicazioni del genere, noi li offriremmo alle autorità italiane. Ma non c’è nulla».
In maggio, quando Tripoli e Misurata decisero di avanzare vero Sirte lo faceste anche perché da Tobruk il generale Haftar aveva lanciato la sua operazione. Adesso
Haftar ha un nuovo obiettivo: i pozzi di petrolio della Cirenaica. Cosa farete?
«In Libia c’è un Consiglio presidenziale riconosciuto dall’Onu che ha tutta la forza legale per controllare il potere militare. Il generale Haftar vuole combattere? Ok, ma un ufficiale deve sottostare all’autorità politica. Noi non vogliamo una nuova fase di illegalità, che sarebbe pericolosissima».
Vuol dire che farete guerra a Haftar per impedirgli di prendere i pozzi?
«Il petrolio rappresenta la fonte principale delle entrate della Libia e del reddito di tutti i suoi cittadini, e non può rimanere pertanto sotto il controllo di protagonisti non riconducibili al governo. E se il signor Haftar intende lottare contro il terrorismo, egli non dovrebbe intaccare la risorsa principale dei cittadini libici né ostacolare i tentativi del governo di risollevare le finanze pubbliche».
Lei e il presidente Serraj siete stati al Cairo molte volte. Dite che il generale Al Sisi vi ascolta. Ma se vi ascolta perché non ferma Haftar e lo convince a negoziare?
«Il presidente ha cercato ripetutamente di spiegare il punto di vista del governo libico. Ma pare che le massime autorità in Egitto abbiano un punto di vista diverso. Sono certo che il governo egiziano vuole la stabilità e l’intesa tra i libici, e non può rimanere attaccato a personalità particolari. E se il signor Haftar lotta contro il terrorismo, il governo egiziano sa bene che ci sono altre forze più credibili al riguardo».