Irritazione nelle trattative al Cairo: l’ex ufficiale di Gheddafi che controlla Tobruk chiede un posto di comando, ma non vuole sottomettersi alle autorità civili. Inutile anche la proposta di un vertice con Al Sisi
Il presidente libico Fayez Serraj ha lasciato Il Cairo dopo essere stato un giorno in attesa di un incontro con il generale Khalifa Haftar, il capo della milizia che controlla Tobruk e parte della Cirenaica. Il possibile negoziato era stato organizzato dal governo egiziano, e da ieri sera il capo di stato maggiore egiziano, il generale Mahmoud Hijazi, aveva avuto incontri separati con le due delegazioni, quella di Haftar e quella del presidente Serraj, che era accompagnato anche dal ministro degli Esteri Siala. Secondo alcune fonti, il generale libico avrebbe rifiutato anche un incontro con il presidente egiziano Al Sisi, che si era proposto in extremis di mediare fra le due parti. Se questo particolare fosse confermato, non potrebbe che essere una sfida molto pericolosa del generale al leader politico e al paese che fino ad oggi lo hanno armato e protetto, contribuendo alla sua ascesa.
Per alcune ore siti di informazione e media vicini all’Egitto e agli Emirati Arabi hanno sostenuto che un accordo era già stato raggiunto, che Haftar avrebbe potuto essere il ministro della Difesa in un nuovo governo allargato anche alla sua fazione. Ma Serraj e tutto il governo di Tripoli hanno confermato la condizione che ripetono da tempo, e che evidentemente Haftar non ha voluto accettare: nella nuova Libia il potere militare deve essere sottoposto a quello politico, e quindi Haftar avrebbe dovuto sottostare al governo civile. “Ma il piano di Haftar è quello di diventare il leader politico e militare della Libia”, dice una fonte diplomatica europea che sta seguendo i negoziati, “è chiaro che i piani del generale non coincidono con quelli del 90 per cento delle altre formazioni politiche e militari della Libia uscita dalla rivoluzione”.
L’Italia – primo paese occidentale ad aver riaperto la sede diplomatica a Tripoli – ha spinto molto per incoraggiare il dialogo tra le due parti. “Siamo stati i primi a riconoscere un ruolo al generale Haftar, su questa strada continuiamo a muoverci” aveva detto pochi giorni fa il ministro degli Esteri Angelino Alfano. E Alfano aveva mantenuto ufficialmente la disponibilità al dialogo con la fazione di Haftar nonostante un mancato attentato con una autobomba all’ambasciata di Tripoli sia stato attribuito da alcune fonti di polizia a due ex militari appartenenti a gruppi collegati al generale.
A Tripoli intanto un gruppo di giuristi libici, tra cui l’ex ministro della Giustizia dal 2012 al 2014 Salah al-Marghani e l’avvocatessa Azza al-Maqhour, ha presentato un ricorso alla Corte d’appello di Tripoli contro il presidente Serraj e i rappresentanti legali dei ministeri degli Esteri, della Difesa e dell’Interno per la firma del memorandum con l’Italia per limitare l’immigrazione. Il ricorso viene valutato a Tripoli come un tentativo di ostacolare l’accordo deciso da alcuni avvocati legati al governo dell’ex premier Alì Zidan e al partito politico di Mahmoud Jibril, anche lui capo del governo per un breve periodo. Il capo della Sicurezza costiera, Tareq Shanbour, ha dichiarato che Italia e Libia hanno deciso di “attivare una sala operativa congiunta presso la sede della Sicurezza costiera per tenere i contatti con la controparte italiana nel quadro dello scambio di informazioni sui migranti clandestini”. La decisione è stata presa durante la riunione fra le delegazioni dei due paesi che si è tenuta a Tripoli con la partecipazione dell’ambasciatore italiano, Giuseppe Perrone, e rappresentanti del governo e dei ministeri della Difesa e dell’Interno italiani.
La sala operativa sarà “il prolungamento degli accordi pregressi tra Italia e Libia e sarà gestita da elementi della sicurezza libica dotati di preparazione di alto livello”, mentre la parte italiana “si occuperà di fornire strumentazione nel quadro del sostegno logistico tra i due Paesi e di fornire addestramento in Italia e in Tunisia nelle prossime settimane”.