Ali al Saidi, parlamentare assai vicino ad Haftar, di recente avete invocato il ritorno dell’ambasciatore Giuseppe Perrone, lo stesso che avete bersagliato con una campagna delegittimante che ha causato il suo richiamo a Roma. Perché avete cambiato idea?

«Nessun cambiamento di idea. L’ambasciatore Perrone ha dovuto sostenere posizioni che erano imposte dal governo italiano. In questo senso abbiamo mosso delle critiche nei suoi confronti, ma l’obiettivo era l’esecutivo. Perrone è il benvenuto come lo è stato tutte le volte che è venuto in Cirenaica, vogliamo il suo ritorno immediato c vogliamo dirgli che per lui le nostre porte e quelle del generale Haftar sono sempre aperte. Perrone è un diplomatico raffinato e di grandi vedute, è una persona a noi vicina, è l’unico che può consentire il superamento di questa impasse e salvare la conferenza di Palermo».

Perché Haftar è scettico su Palermo?

«Il generale ritiene che il governo italiano sia stato troppo sbilanciato verso Tripoli, specialmente durante l’esecutivo Gentiloni, e questo ha influenzato in maniera negativa le relazioni tra Libia e Italia e tra gli stessi libici. L’unico che ha lavorato per un vero equilibrio è stato Perrone».

Cosa chiedete al governo italiano?

«Equilibrio nei rapporti con la Libia, che sia Ovest, Est o Sud. Ricordate inoltre che il gas che vi porta l’Eni viene dal Sud e dell’Est questo è un aspetto da tenere ben presente. Gli interlocutori energetici di Eni sono Bengasi e Sebha, Tripoli è solo una sta- zione di servizio».