Di lui ricordiamo soprattutto i capricci da rampollo intoccabile del clan Gheddafi nei suoi tempi d’oro. Belle donne da condividere tra i fedelissimi, risse in discoteca, baruffe con i poliziotti europei, litigate memorabili con i manager dei più lussuosi alberghi tra Roma e Parigi per danni e schiamazzi. Come quando nella capitale italiana uscito ubriaco da una discoteca colpì alcuni agenti con un estintore ferendoli gravemente. Ma era il 2001, venne protetto dal suo passaporto diplomatico. Un’immunità che tre anni dopo lo salvò dall’inseguimento dei gendarmi sui Champs-Élysées contromano sul filo dei 140 all’ora. E poi ancora pochi mesi più tardi la denuncia sempre a Parigi della moglie incinta, l’ex modella libanese Aline Skaf, che l’accusò di essere stata picchiata. Poco dopo resterà coinvolto in un traffico di prostitute d’alto bordo sulla Costa Azzurra. Solo gli svizzeri riusciranno a imporgli una qualche ombra di sanzione: tre giorni di fermo, per aver picchiato due marocchini del suo staff. Sarà liberato su cauzione. Nessun problema: pagava papà Muammar Gheddafi e in ogni caso i loro conti miliardari presso le banche elvetiche erano lì a far da garanzia. Ci saranno altri incidenti tra Berna e Londra, sempre finiti bene per lui. Decisamente erano altri tempi per l’oggi 43enne Hannibal Gheddafi. Papà Muammar è morto barbaramente linciato alle porte di Sirte da parte dei ribelli protetti dalla Nato il 20 ottobre 2011. E da allora per lui e la sua famiglia è stata solo una storia di fughe, travestimenti, lavorìo dietro le quinte per accedere ai conti congelati nei grandi istituti di credito internazionali. I suoi sentieri si perdono tra Algeria, Niger, Sud Africa, Oman, Iraq, Siria e ultimamente in Libano. Anzi, sono bloccati a Beirut, perché da circa 3 anni il quartogenito del Colonnello si trova in carcere. Una storiaccia. Una milizia siriana l’ha catturato, forse per soldi, pochi anni fa mentre il Paese era squassato dalla guerra civile. Quindi, non riuscendo a ricavare un ragno dal buco, l’ha rivenduto alle milizie sciite dell’Hezbollah libanese. E loro ne hanno approfittato per interrogarlo senza tregua sulla vicenda di Musa Sadr, storico leader carismatico degli sciiti libanesi misteriosamente scomparso durante un viaggio a Tripoli nel 1978. Nell’ultimo anno più volte la moglie Aline ha chiesto l’aiuto della comunità internazionale mostrando le foto del suo volto tumefatto per le violenze subite in carcere. Sono finiti gli anni delle botte del marito alla consorte. Lei parla invece di Hannibal come di una «vittima», lo descrive padre affettuoso dei loro tre figli. Parrebbe una vicenda marginale, da addetti ai lavori, ma per decenni ha avvelenato la relazioni tra Gheddafi e il mondo sciita, con tanto di attriti violenti con l’Iran della rivoluzione khomeinista. Oggi torna sotto i riflettori per il fatto che a perorare la causa del prigioniero Hannibal negli ultimi giorni si è aggiunta la diplomazia russa. Secondo il quotidiano saudita pubblicato a Londra, Al Sharq al Awsat, il Cremlino ha addirittura compiuto un passo verso il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri leader di Amal (il partito sciita fondato da Mussa Sadr), per ottenere il suo rilascio. Persino il presidente Bashar Assad sarebbe coinvolto e certo ai russi non può voltare le spalle, visto che a loro deve la sua sopravvivenza politica e fisica sua e del suo regime. Una mossa che rivela la rinnovata attenzione con cui la Russia di Vladimir Putin guarda alla Libia. Prima di Natale alcuni importanti emissari di Saif Al Islam, il figlio più politico di Gheddafi e fratello maggiore di Hannibal, sono stati ben ricevuti dai diplomatici di Mosca. Oggi esaltano quel successo per cercare di incontrare anche i massimi dirigenti europei. Nel contempo è cresciuto il sostegno russo anche a Khalifa Haftar, ex generale di Gheddafi e oggi uomo forte della Cirenaica. Non a caso la diplomazia italiana si è appoggiata all’aiuto di quella di Mosca per garantirsi la presenza di Haftar alla Conferenza di Palermo lo scorso novembre, a cui era intervenuto il ministro degli esteri russo Lavrov. Così, la Russia si sta posizionando per giocare la parte del leone alla conferenza sulla Libia che l’Onu vorrebbe organizzare.
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