La guardia costiera libica ha intercettato circa 400 migranti nel Mediterraneo diretti in Europa al largo delle coste negli ultimi giorni e li hai riportati all’interno del proprio territorio nei centri di detenzione nei pressi della capitale Tripoli.
Come riportano sia Avvenire che Aljazeera, Safa Msehli, portavoce dell’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (OIM), ha affermato che i rifugiati e i richiedenti asilo sono stati trasferiti nella struttura di detenzione di al-Nasser nella città di Zawya, a ovest della capitale libica. L’UNHCR (Agenzia delle Nazioni Unite per il rifugiati) in Libia ha dichiarato che oltre trecento persone sono state intercettate a largo del Mediterraneo e riportate indietro. Altri 85 migranti erano stati catturati in precedenza, sempre dalla guardia costiera libica, portando il totale a oltre 400 persone in due giorni e a circa un migliaio nel solo mese di maggio. Msehli dichiara che le partenze dalla Libia sono aumentate, il che è “particolarmente preoccupante per il forte calo della capacità di ricerca e salvataggio”.
Guterres accusa Tripoli
Qualche settimana fa l’ONU era tornata ad accusare la Libia per le detenzioni arbitrarie e le violenze contro i migranti, chiedendo all’Unione Europea e ai suoi Stati membri di rivedere le politiche a sostegno del Paese nordafricano. Il Segretario Generale, Antonio Guterres, ha più volte puntato il dito contro quegli Stati che continuano a cooperare con Tripoli nella gestione dei rifugiati e richiedenti asilo, come Italia e Malta, che favoriscono il ritorno nei centri di detenzione dove le violenze sono state più volte documentate.
Dallo scoppio dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di coronavirus, alcune delle principali organizzazioni non governative (ONG) impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo, come Ocean Viking e Sea Watch, hanno sospeso le proprie attività. Inoltre, le interruzioni dei viaggi, a causa della chiusura delle frontiere, hanno costretto le agenzie operanti nel settore ad interrompere i voli per il trasporto delle persone più vulnerabili.
La Libia, principale punto di transito
La pandemia e un’impennata degli scontri tra i due contendenti (Haftar e Al Serraj) per il governo della Libia hanno portato ad un aumento dei problemi per migliaia di persone che cercano di attraversare il Paese nordafricano per poi arrivare sulle coste europee.
La Libia, che è caduta nel caos in seguito alla rivolta che ha portato alla caduta del regime di Gheddafi, è diventata un importante punto di transito per tutti i migranti, africani ma anche arabi, in fuga dalla guerra e dalla povertà.
La maggior parte compie il pericoloso viaggio in gommoni mal equipaggiati e non sicuri. L’OIM ha dichiarato che il bilancio delle vittime tra i migranti che hanno cercato di attraversare il Mediterraneo dal 2014 ad oggi ha superato le 20.000 unità.
L’Unione Europea
Negli ultimi anni, l’Unione Europea (UE) ha avviato una serie di collaborazioni con la guardia costiera e altre forze libiche per tentare di fermare il flusso continuo di migranti. Molti attivisti per i diritti umani sostengono che questi sforzi hanno avuto come risultato la caduta in mano di gruppi armati di molte persone, in molti casi confinati in centri di detenzione sovraffollati senza cibo e acqua.
L’UE ha convenuto all’inizio del 2020 di porre fine all’operazione Sophia, che aveva come obiettivo il contrasto al traffico dei migranti irregolari, attivando a partire da aprile Irini, operazione che punta in primis alla difesa dell’embargo sulle armi in Libia imposto dalle Nazioni Unite, considerato la chiave per bloccare l’escalation della guerra, ma anche al raggiungimento di altri scopi come il monitoraggio del traffico illegale di petrolio dalla Libia.
Scontro Italia-Malta
Secondo Agenzia Nova, la Commissione Europea non ha rilasciato nessun commento in merito alla richiesta di chiarimenti fatta dalla ministra italiana dell’Interno, Luciana Lamorgese, sul caso dei respingimenti di migranti da parte della guardia costiera maltese verso le acque italiane. Il portavoce della Commissione, Christian Wigand, ha dichiarato che “la ricerca e il soccorso sono un obbligo nel diritto internazionale, ci aspettiamo che i Paesi membri continuino a collaborare tra di loro e con Frontex per assicurare la continuità delle operazioni per trovare soluzione ai continui sbarchi”.