Alcuni stati membri dell’Unione Europea (Ue) hanno sollevato la questione della situazione nel Mediterraneo orientale, dove la stessa Ue è “sempre più preoccupata per le recenti manovre della Turchia”, ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell.
Prende sempre più corpo l’ipotesi di un coinvolgimento della Nato al fianco delle navi europee impegnate nell’operazione Irini. L’idea è nata dopo l’incidente di qualche giorno fa, quando ad una nave greca (impegnata nell’operazione) è stato impedito di ispezionare un sospetto mercantile battente bandiera della Tanzania dalla sua scorta turca.
Ricordiamo che l’operazione Irini è stata lanciata il 31 marzo con l’obiettivo di far rispettare l’embargo delle armi in Libia imposto dall’Onu. Ad essa si potrebbero affiancare le due navi della Sea Guardian (operazione Nato) che pattugliano il Mediterraneo orientale per monitorare le spedizioni marittime e scoraggiare il terrorismo internazionale e le attività ad esso collegate.
La modifica delle attività della Sea Guardian a sostegno dellUe-Irini richiederebbe l’approvazione di tutti e 30 i membri della Nato, il che significa che Ankara potrebbe potenzialmente porre un veto. Vero è che sarebbe anche insolito per la Nato controllare le navi di un alleato. Un possibile veto da parte turca sul coinvolgimento della Nato al fianco di Irini potrebbe essere visto come un ammissione di colpa.
D’altronde, Ankara aveva reagito negativamente anche all’avvio dell’operazione europea, etichettandola come “di parte” visto che sul fronte terrestre orientale e meridionale della Libia non esiste nessun controllo, ed è proprio da quelle zone che, secondo molti, i lealisti pro Haftar riforniscono di armi il feldmaresciallo.
“Diritti umani a rischio”
La missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ha rilasciato una dichiarazione in cui dice di “essere preoccupata per l’arresto, la detenzione e i maltrattamenti di un gran numero di cittadini egiziani nella città di Tarhouna”. L’Organizzazione ha sottolineato che tale situazione, se confermata, sarebbe una “grave violazione degli obblighi internazionali in materia di diritti umani da parte della Libia relativi al divieto di tortura, maltrattamenti e pene disumane e degradanti”.
Allo stesso tempo l’Unsmil accoglie con favore la dichiarazione rilasciata dal ministero dell’interno libico in cui riferisce che “sono state invitate tutte le autorità locali di Tripoli a condurre una rapida indagine, a scoprire il destino e l’ubicazione dei soggetti in questione, e ad assicurare loro il trattamento in conformità con gli standard nazionali”.
Il Gna chiede sostegno all’Onu
Lunedì le Nazioni Unite (Onu) hanno annunciato che il Governo di accordo nazionale (Gna) ha richiesto ufficialmente l’assistenza dell’organismo sovranazionale nelle indagini in corso sulla scoperta delle fosse comuni sempre nella città di Tarhouna. Un portavoce del segretario generale dell’Onu, Farhan Haqq, ha dichiarato in una conferenza stampa che sono in corso dei colloqui con le autorità di Tripoli per capire il tipo di supporto che potrebbe essere fornito.
Mario Savina, analista ricercatore, si occupa di Nord Africa e flussi migratori. Sapienza Università di Roma, AIRL Onlus – Italiani di Libia, OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo (Istituto “S.Pio V”)