Dopo due settimane circa dai colloqui nel quadro della Commissione militare congiunta 5+5 che si sono svolti a Hourghada, in Egitto, nella giornata di ieri si è concluso un altro colloquio tra le fazioni rivali libiche avente come oggetto le componenti costituzionali del percorso politico in vista del Libyan Political Dialogue Forum (LPDF) che si terrà in Tunisia a novembre e delle possibili elezioni ipotizzate per la prossima primavera. Proprio il confronto programmato in Tunisia riprenderà i lavori della Conferenza di Berlino I tenutasi lo scorso gennaio e di Berlino II di pochi giorni fa.
Il colloquio svoltosi al Cairo è iniziato con una richiesta da parte della diplomazia egiziana, attraverso le parole del capo dell’intelligence Abbas Kemal, di mettere da parte tutti i dissidi tra i due rivali e “pensare in primis all’unità ed integrità territoriale della Libia” e al processo di pace, sponsorizzato dalle Nazioni Unite, da portare a termine per garantire al Paese una stabilità e pace duratura il prima possibile. L’obiettivo generale è stato quello di generare un consenso su un quadro di accordi di governance unificati che porteranno allo svolgimento delle elezioni.
Al Cairo erano presenti la delegazione della Camera dei Rappresentati (HoR) di Tobruk e quella dell’Alto Consiglio di Stato (HCS) di Tripoli. La speranza era quello di raggiungere un compromesso sullo svolgimento del referendum nazionale per l’approvazione del disegno di legge costituzionale adottato dall’Assemblea Costituente libica nel luglio del 2017. Sebbene l’HCS sia disponibile al referendum da svolgersi il prima possibile, il Governo di Tripoli e le Nazioni Unite frenano.
Molte sono gli ostacoli da superare per arrivare ad un accordo che faccia felici le due fazioni. Tra quelli più spinosi su cui si è discusso nella capitale egiziana, la diffusa frode di identità nazionale. Si stima, infatti, che oltre un milione di ID nazionali siano stati falsificati e che questo sia anche il metodo utilizzato dai mercenari (assoldati su entrambi i fronti) presenti sul territorio libico per camuffarsi tra la popolazione. Altro nodo da sciogliere quello relativo al differente peso demografico delle tre regioni: Tripolitania, Ciorenaica e Fezzan. Secondo l’HoR, se il processo elettorale o il referendum dovesse svolgersi sulla base di un voto puramente popolare, a qual punto la Tripolitania sarebbe decisamente avvantaggiata. Sul punto finanziamento, sembra che l’offerta dell’Unione Europea di aiutare la Libia con 6,7 miliardi di euro per fornire assistenza al processo elettorale abbia risolto le difficoltà precedentemente esistenti.
Allo stato attuale sembra ci siano buone possibilità che il processo politico continui e che le due parti raggiungano un consenso. Il LPDF, qualora avesse successo, metterà fine agli Accordi di Skhirat e agli organi nati da quella fase: Assemblea Costituente, il Governo di accordo nazionale, la Commissione elettorale, l’HCS e l’HoR. Questo potrebbe quantomeno eliminare qualche discordia presente tra le parti.
Ad oggi sembra difficile pensare allo svolgimento di elezioni da svolgersi in pochi mesi vista la situazione e l’equilibrio interno poco solido.La frequenza di questi colloqui intra-libici, come quelli che si sono svolti anche in Marocco qualche settimana fa, sono di grande importanza per tenere aperto quel dialogo fra la parte occidentale e quella orientale, che sembrava impossibile fino a pochi mesi fa, ma sopratutto per rinforzare l’intesa sul cessate il fuoco e sullo sblocco della produzione petrolifera avvenuto dopo gli accordi tra Ahmed Maiteeq, vide di al-Serraj, e il figlio di Khalifa Haftar, Khaled.
Mario Savina, analista ricercatore, si occupa di Nord Africa e flussi migratori. Sapienza Università di Roma, AIRL Onlus – Italiani di Libia, OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo (Istituto “S.Pio V”)