Il rilancio del ruolo italiano in Libia passa non solo dai colloqui bilaterali tra i due paesi, ma anche e soprattutto dall’azione diplomatica che Roma dovrà svolgere con la comunità internazionale e con i principali attori della regione mediterranea. Su questo fronte gli ultimi giorni hanno visto l’Italia abbastanza attiva. Da una parte, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, cercava di portare l’attenzione dei partners del G7 sulla questione libica e sul processo politico in corso nel paese nordafricano; dall’altra, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, era impegnato in una conversazione telefonica con il Presidente della Repubblica Democratica Popolare di Algeria, Abdelmadjid Tebboune. Al centro dei colloqui le relazioni bilaterali, anche nella prospettiva del percorso di riforme in corso in Algeria, e i prossimi appuntamenti istituzionali dell’agenda dei due paesi. Draghi e Tebboune hanno anche discusso delle crisi regionali, con particolare attenzione per la situazione in Libia e nel Sahel, di estremo interesse per entrambi. Algeri è coinvolta direttamente nel dossier libico e il governo di Tripoli ha bisogno del sostegno dei paesi vicini, come l’Algeria, per arrivare alle elezioni di dicembre. Allo stesse tempo il Nord Africa necessita di una Libia stabile e pacificata.
Mentre l’ex colonia francese presiede questo mese il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione africana, il ministro degli esteri algerino, Sabri Boutadoom, dichiara che accompagnare la Libia alla pace sarà una priorità anche per il suo paese. Priorità confermata anche dal segretario di Stato statunitense nella conversazione telefonica avuta con lo stesso Boutadoom, dove è stata espressa fiducia e apprezzamento per il ruolo di Algeri nel promuovere la stabilità nella regione del Sahel e in particolar modo in Libia.
Innegabilmente, l’ex colonia italiana è una questione di sicurezza nazionale per l’Algeria. Dal rovesciamento di Moammar Gheddafi nel 2011, l’instabilità in Libia – con la quale condivide un confine terrestre di oltre 900 chilometri riaperto al traffico solamente poche settimane fa – ha dominato il contesto delle minacce in Algeria: tra il continuo vuoto di un potere centrale, la proliferazione di armi, la presenza di gruppi terroristici e miliziani stranieri, il quadro libico destava una costante preoccupazione nei palazzi governativi di Algeri. Gli effetti della crisi libica hanno anche presentato enormi sfide alla sicurezza, compresa la destabilizzazione del Mali e del Sahel sul fianco meridionale algerino. Nonostante alcuni errori di valutazione da parte della diplomazia algerina nell’affare libico, sembra che l’ex colonia francese resti impegnata a promuovere il compromesso e il processo politico nel paese limitrofo.
A partire dal 2014, l’Algeria ha perseguito una politica di neutralità in Libia, promuovendo al contempo il dialogo inclusivo e la costruzione della pace a livello tribale. Ma l’approccio dal basso verso l’alto dell’Algeria è stato alla fine ostacolato dalle forze esterne che hanno avuto un impatto sulla situazione interna libica, dall’impennata dell’attività militare da parte e per conto di potenze straniere (Turchia, Emirati Arabi Uniti e Russia su tutte) alle milizie ideologiche – in particolar modo i salafiti – che hanno ribaltato le strutture dell’autorità tribale. L’interferenza militare straniera in Libia ha travolto le dinamiche locali, assumendo una propria logica ed escludendo la soluzione inclusiva e negoziata avanzata in una prima fase proprio dall’Algeria.
L’interesse di Tebboune per la Libia è legato anche alla situazione politica interna. In primo luogo, la serie di incontri degli ultimi mesi con il Governo di unità nazionale (Gnu) di Tripoli e con gli altri attori coinvolti mira a posizionare il governo algerino come un importante interlocutore con forti relazioni internazionali. In secondo luogo, l’obiettivo è sottolineare l’importanza che l’Algeria dà alla Libia per ovvi motivi geografici ed economici. In terzo luogo, Algeri cerca con una certa urgenza di cambiare la narrativa internazionale riguardo all’Algeria. Da molti e per molto tempo considerata come un paese in cui rabbia popolare e manifestazioni fanno da padroni, l’obiettivo di Tebboune è quello di dimostrare di avere quella legittimità necessaria internamente ed esternamente per poter operare a qualsiasi livello.
Molti sono stati gli incontri di primo livello tra rappresentanti del governo di Tripoli e quello di Algeri. Durante questi colloqui sono stati discussi i meccanismi per attivare l’accordo commerciale dell’Unione del Maghreb arabo, siglato il 17 febbraio 1989 da Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia e Libia, con l’obiettivo di favorire unità economica tra i paesi del Maghreb. Parallelamente, i due paesi si sono attivati con l’obiettivo di riaprire l’ambasciata algerina a Tripoli, chiusa da circa sette anni per minacce alla sicurezza a causa dalla guerra civile. Proprio l’ambasciatore algerino, Kamal Hejazy, ha avanzato poco tempo fa una proposta per tenere un forum economico algerino-libico nell’area meridionale al confine con la Libia, indicandola come un’importante regione agricola favorevole a stabilire progetti di investimenti e produttività. L’Algeria sta attivando una zona franca per lo scambio commerciale col paese vicino attraverso due zone. La zona franca dovrebbe estendersi oltre i governatorati di confine di Illizi e Wadi Souf (sud-est) dell’Algeria, ha spiegato Kamal Rezig, ministro algerino del Commercio, durante la cerimonia di apertura del Business Forum algerino-libico ad Algeri che si è svolto il mese scorso. Secondo Rezig, il passo è conseguenza dell’aumento del volume degli scambi tra i due paesi rispetto agli ultimi anni. Il 19 aprile il primo ministro del Gnu, Abdul Hamid Dbeibah, ha incontrato i ministri degli esteri e degli interni algerini, Sabri Boukadoum e Kamel Beljoud, confermando la volontà di continuare a lavorare all’unisono attraverso il coordinamento e le consultazioni con l’obiettivo di affrontare le minacce alla sicurezza dell’intera regione, tra cui terrorismo, commercio di armi e immigrazione illegale. Ancora, il 4 maggio, Mustafa Sanallah, a capo della National Oil Corporation libica (Noc), ha discusso con Rachid Hachichi, presidente della società algerina Sonatrach, la possibilità del ritorno dell’azienda petrolifera algerina in Libia attraverso il completamento dei suoi obblighi contrattuali e dei piani di sviluppo per la produzione. Il colloquio, oltre alla prospettiva di possibili nuovi accordi tra i due attori, ha incluso anche programmi di formazione professionale e la preparazione del personale libico. Sanallah ha informato la parte algerina sui piani della società per aumentare la produzione di petrolio e gas in Libia e ha invitato la parte algerina a contribuire attivamente all’attuazione di questo piano.
L’attivismo politico di Algeri in Libia è da considerarsi come un chiaro segno dell’intenzione di voler tornare protagonista sulla scena libica e sostenere il processo di risoluzione politica avviatosi sotto l’egida delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, l’Algeria sta lottando per vendersi come mediatore neutrale nel contesto frammentato in cui versa l’ex colonia italiana, anche se il chiaro riavvicinamento alla Turchia negli ultimi anni fa propendere la politica algerina verso Tripoli, anche per gli evidenti motivi geografici che la legano alla parte occidentale libica. In quest’ottica rientra anche il dialogo con l’altro paese vicino, la Tunisia: entrambi i paesi hanno interesse affinché la pace in Libia sia duratura e allo svolgimento delle prossime elezioni programmate per il mese di dicembre.
Qui, l’attività di sostegno che l’Italia e gli altri attori internazionali devono fornire ai paesi della regione nordafricana e del Sahel diventa determinante e risolutiva. Come riportato su Formiche. net, anche l’inviato speciale italiano in Libia ed ex Ambasciatore ad Algeri, Pasquale Ferrara (che l’Airl ha incontrato pochi giorni dopo la sua nomina), è convinto che la comunità internazionale debba sostenere ed incoraggiare gli attori regionali ad avere un ruolo costruttivo per il bene dell’intera aerea e della Libia in particolar modo.
Mario Savina, analista ricercatore, si occupa di Nord Africa e flussi migratori. Sapienza Università di Roma, AIRL Onlus – Italiani di Libia, OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo (Istituto “S.Pio V”)