La visita in Libia del ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Mohamed bin Abdulrahman al-Thani, domenica 23 maggio, rispecchia la volontà di Doha di consolidare la propria presenza politica e in termini di sicurezza nel paese nordafricano. Durante i colloqui con la sua omologa libica, Najla al-Mangoush, il qatarino ha annunciato la formazione di un comitato per valutare gli accordi bilaterali precedentemente firmati: si parla in particolar modo del Memorandum d’intesa firmato lo scorso anno quando il Governo di accordo nazionale (Gna) era presieduto da Fayez al-Serraj. Al-Thani ha anche ribadito il sostegno del suo paese al processo politico libico guidato dalle Nazioni Unite “fintanto che preserverà l’unità del suolo libico lontano da interferenze straniere”. Nelle stesse ore, il capo della diplomazia qatarina ha incontrato anche il premier del Governo di unità nazionale (Gnu), Abdul Hamid Dbebibah, e altri esponenti del governo tripolino.
Il viaggio in Libia di al-Thani, il primo dal 2013, arriva dopo il recente invito della Libia al Qatar a riaprire la sua ambasciata nella capitale, in un momento in cui all’interno del paese nordafricano esistono ancora differenze evidenti tra le fazioni rivali libiche su molte questioni, in particolare sul ritiro dei mercenari e delle forze straniere dal paese. Nell’ottobre 2020, il Qatar ha firmato con il Gna un Memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza. Il MoU è arrivato dopo la firma di un accordo militare nell’agosto dello stesso anno, che consente a Doha di inviare consiglieri militari per addestrare le milizie libiche di stanza nella Libia occidentale. Nonostante le mutevoli dinamiche regionali emerse con il riavvicinamento tra lo stesso Qatar e l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, le mosse dell’emirato del Golfo continuano a destare preoccupazioni in Libia, soprattutto alla luce della fragilità dell’accordo di cessate il fuoco tra le fazioni libiche raggiunto lo scorso ottobre a Ginevra. Ad oggi non sono state ancora attuate tutte le disposizioni relative a quell’accordo, soprattutto quelle relative all’apertura della strada costiera, al ritiro di forze straniere e mercenarie e all’unificazione delle forze armate.
Mentre i “rivali” (o ex rivali?) – Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti – del Qatar hanno in passato etichettato i legami con i governi di Tripoli come prova della sponsorizzazione qatariota al terrorismo, a loro volta Doha vede il proprio sostegno a Tripoli come una necessità per la stabilizzazione dell’area e la diffusione di un sistema pluralistico contro quello autoritario diffuso nei paesi rivali. In realtà, questo riflette l’atteggiamento di Doha nel Nord Africa in generale, dove il Qatar è in contrasto con l’agenda politica-ideologica di Egitto, Arabia Saudita ed EAU che vedono il processo democratico come una minaccia al loro governo. Questi paesi guardano al coinvolgimento di movimenti religiosi come la Fratellanza musulmana, ritenuta un’organizzazione terroristica, e al pluralismo politico in generale come un male da tenere lontano dai propri confini e dalla propria aerea di interesse. Viceversa, il Qatar ritiene che una stabilità duratura, in questo caso in Libia, debba passare dal coinvolgimento dei partiti religiosi presenti sul territorio nel dialogo politico nazionale.
Guardando al futuro, la capacità di Doha di sviluppare con successo i propri interessi in Libia sarà connessa e condizionata sicuramente dai suoi legami con la Turchia, ma anche dalla capacità di mantenere e sviluppare relazioni con un paese come l’Egitto, per ovvi motivi in prima linea nella vicenda libica. Dalla firma della dichiarazione di Al-Ula a gennaio che ha posto ufficialmente fine alla spaccatura del Qatar con Arabia Saudita, EAU, Bahrein ed Egitto, il riavvicinamento tra Doha e il Cairo è stato tra i più rapidi a svilupparsi. Entro due settimane dalla firma dell’accordo, il ministero degli Esteri egiziano ha annunciato che i due paesi avevano ufficialmente deciso di riprendere i rapporti diplomatici. Poco tempo dopo, all’inizio di marzo, i ministri degli esteri dei paesi si erano incontrati al Cairo a margine di una riunione della Lega araba.
Sebbene l’atmosfera sia più positiva rispetto al passato, permangono differenze politiche fondamentali tra i due paesi. La volontà dell’Egitto di andare avanti sembra abbastanza chiara. I vantaggi di avere un legame più forte col Qatar, in particolare modo in ambito economico, è superiore ai rischi di eventuali nuovi dissidi. In altre parole, un maggiore dialogo tra Egitto e Qatar su questioni come la Libia e la Great Ethiopian Renaissance Dam (GERD) potrebbe anche rivelarsi vantaggioso per gli interessi politici e di sicurezza di entrambi i paesi. In effetti, la leadership egiziana dovrebbe protendersi in avanti per ricostruire i legami con il Qatar e, visti i possibili benefici per la stabilità regionale, la nuova amministrazione statunitense, guidata da Joe Biden, dovrebbe incoraggiare attentamente questi sforzi. Ritornando alla questione libica: entrambi i paesi ambiscono in questa fase a mettere le mani sulla ricostruzione della Libia (in particolar modo l’Egitto) e a tutelare gli interessi politici, economici e strategici, oltre che, nel caso di Doha, a mantenere vivi gli accordi conclusi con Tripoli nel recente passato.
Mario Savina, analista ricercatore, si occupa di Nord Africa e flussi migratori. Sapienza Università di Roma, AIRL Onlus – Italiani di Libia, OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo (Istituto “S.Pio V”)