La visita del 28 gennaio in Libia è stata l’occasione per firmare uno “storico accordo” dal valore di circa 8 miliardi di dollari e della durata di 25 anni. L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e il suo omologo della National Oil Corporation of Libya (Noc), Farhat Bengdara, hanno concordato lo sviluppo di “Structures A&E”, un progetto strategico finalizzato alla produzione per rifornire il mercato interno libico e per garantire l’esportazione in Europa.
Come si legge dalla nota rilasciata dalla compagnia petrolifera italiana, “Structures A&E è il primo grande progetto nel Paese dall’inizio del 2000. Consiste nello sviluppo di due giacimenti di gas, denominati Structures “A” ed “E”, situati nell’area contrattuale D, al largo della Libia”. La produzione di gas dalle due strutture dovrebbe iniziare nel 2026 e raggiungere i 750 milioni di piedi cubi di gas al giorno. Secondo Descalzi, tale intesa consentirà importanti investimenti nel settore energetico libico, contribuendo allo sviluppo locale e alla creazione di posti di lavoro, rafforzando, al contempo, il ruolo di Eni come operatore leader nel Paese nordafricano.
Tuttavia, non sono mancate le polemiche sul fronte interno. Il premier del Governo di stabilità nazionale con sede in Cirenaica, Fathi Bashagha, aveva già avvisato l’Italia di astenersi dalla firma con il Governo di unità nazionale (Gnu) di eventuali accordi energetici, sulla falsariga di quelli firmati dal premier Dbeibah con la Turchia. Anche il Ministro del Petrolio, Mohamed Aoun, ha bollato il nuovo accordo come “illegale”, visto il mancato passaggio dal gabinetto del suo ministero. Lo stesso Aoun e il capo dell’Audit Bureau, Khalid Shakshak, hanno concordato di tenere una riunione nei prossimi giorni insieme a Bengdara (Noc) per rivedere gli accordi, garantire il massimo livello di divulgazione e trasparenza e discutere sviluppo e impatto dell’intesa sul settore.