Articolo pubblicato su Italiani di Libia 2 – 2023 

C’è differenza tra chi fa la storia e chi la distrugge. Attraverso i secoli, la memoria collettiva dei popoli ha conservato i nomi di uomini che hanno lasciato un’eredità storica, sia sotto forma di edifici e strade, sia sotto forma di scienza e saggezza. Quello che sta accadendo da tempo nella città di Bengasi, capoluogo della Cirenaica, è un assassinio della storia e dell’ingiustizia, oltre ad essere un grave attacco alla popolazione che è stata costretta a lasciare le proprie case e i propri bene a causa della guerra.

Mentre vedo il centro della mia città demolito, da una parte, la mia memoria mi riporta all’infanzia e ai bei periodi vissuti in questa città e, dall’altra, devo fare i conti con la realtà che mi mette davanti agli occhi demolizioni e macerie. Sono una residente della città di Bengasi, orgogliosa della propria città natale: il centro è una delle parti che rappresentano l’identità di Bengasi in tutte le sue combinazioni, ed è un mosaico che riflette la nobiltà di questa città i cui abitanti erano, in passato, un misto di famiglie greche, italiane e libiche.

La nostra casa era semplice: l’ingresso, il portico e la piazza, e in mezzo al cortile, su cui si aprivano il soggiorno e la camera da letto, c’era un pozzo di pietra. Al contempo, ricordo la casa di mia nonna, che era uno degli edifici italiani presenti nel centro ed era fatta di cemento. Non possiamo riportare quei giorni gioiosi nelle nostre vite, quei giorni in cui l’amicizia e la saggezza caratterizzava il tempo. La conoscenza scorreva nelle vie tra i diversi edifici, le informazioni generali e le curiosità sui muri della città andavano di pari passo con le narrazione degli anziani, che ci hanno preceduto in età e conoscenza. La storia che fluiva tra vicini, nelle scuole dove i maestri diventavano messaggeri e nelle biblioteche dove il libro attendeva il suo glorioso studente.

Le strade di Bengasi negli anni Sessanta erano piene di giovani uomini e donne che le attraversavano con una gioia travolgente, persone ancora piene di vita. Sotto i vecchi lampioni, dove la terra era morbida e calda, si giocava e ci si divertiva, dopo essere tornati da scuola, fino a sera. I racconti dei nostri nonni ci accompagnavano nella parte finale della giornata, prima che la luna si addormentasse. Così il sonno ci portava nelle nostre vecchie case, la cui luce fioca ci chiamava a dormire con la promessa del mattino seguente.

Queste immagini, che sono ancora impresse nella mia mente, si riproponevano mentre assistevo alla distruzione di questi edifici. Le lacrime scorrevano contro la mia volontà in mezzo a stretti vicoli disseminati di spazzatura e tra edifici costruiti in blocchi di cemento. I capolavori dell’architettura italiana o ottomana, che lasciano intravedere la storia della città di Bengasi, stanno scomparendo in questa nuova fase della nostra vita. Una città che sparisce, trasformandosi in macerie e polvere.

 

Questi sono gli edifici e i monumenti storici più importanti della città di Bengasi che sono stati demoliti, e tutti hanno una certa importanza per me, perché associati a ricordi di vita e studio:

Scuderie / Al-Zawiya Al-Rifaiya / Mercato ortofrutticolo municipale / Palazzo ottomano / Chiesa cattedrale / Chiesa cattolica / Corte italiana / Città vecchia / Antica moschea / Sinagoga ebraica / Biblioteca storica / Faro / Mercato primaverile / Zawiya Sidi Mahmoud Ben Nasser / Zawiya Sidi Youssef Abdel Karim / Cinema Priestti / Tomba di Sidi Abourawi / Hotel Qasr Al Jazeera / Palazzo Manara / Edificio Municipale / Palazzo Sorcioni / Granaio / Vecchia Scuola / Vecchia Stazione di Polizia Italiana / Policlinico di Baghdad / Moschea Imam Nawawi / Ex Cyrenaica Press / Vecchia Cimitero di Kuifa / Precedentemente sede dello stato / Casa Akakus / Piazza dei Martiri.

Purtroppo non ci resta che sperare e credere nelle parole dei funzionari: promesse di una rapida ricostruzione della città e del ripristino delle sue principali caratteristiche. Una speranza necessaria per non permettere di cancellare la memoria e la storia.

 

Souad Khalil