Verso la fine degli anni settanta mi trovavo in Libia per ragioni di lavoro. La mia impresa, la Lodigiani di Milano, stava costruendo per conto di un ente governativo il porto industriale di Marsa el Brega, in Cirenaica. SI trattava di un’opera importante e complessa che richiedeva l’impiego d uno staff di impiegati piuttosto consistente ed alcune centinaia di operai di varia nazionalità tra i quali numerosi italiani. Per questo motivo, per le caratteristiche climatiche e morfologiche di quella zona e anche per le condizioni politiche della Libia, era stato necessario allestire, ad alcuni chilometri di distanza dal cantiere vero e proprio, un villaggio ove alloggiare il personale non libico addetto alla realizzazione dell’opera.

I servizi logistici del villaggio comprendevano, oltre agli alloggi per il personale (staff ed operai) anche la cucina, la mensa, gli alloggi per i famigliari di quei dipendenti cui era stato concesso il trasferimento in Libia nonché le installazioni di servizi accessori quali la dispensa, l’infermeria, i magazzini, i campi giochi, la scuola, ecc. Complessivamente, alloggiavano in questo villaggio, o campo che dir si voglia, al culmine dell’attività del cantiere, circa cinquecento persone di undici nazionalità diverse. Fra queste vi era una forte rappresentanza di cattolici, costituiti in maggioranza da italiani e maltesi, ma comprendente anche siriani, sudanesi, inglesi, palestinesi. Questo rendeva necessario provvedere anche all’assistenza religiosa e spirituale ed all’istruzione religiosa degli alunni cattolici della scuola. Per comprendere bene cosa questo significasse è necessario fare una parantesi. Marsa el Brega si trova sulla strada litoranea della Libia e dista circa 240 km da Bengasi: dipende amministrativamente, e quindi anche dal punto di vista religioso, dal capoluogo della Cirenaica che oggi costituisce un’unica enorme Parrocchia. Un tempo, cioè prima della rivoluzione, esisteva la Diocesi francescana di Bengasi ma nel 1970 tutte le proprietà della Missione, in quanto considerate beni italiani, furono confiscate, le chiese chiuse ed i missionari espulsi.

Solo dopo il convegno islamo-cristiano, tenutosi a Tripoli nel febbraio 1976, il governo libico concesse l’uso per il culto dell’antica Chiesa dell’Immacolata in Bengasi. Si trattava di una chiesetta situata in via Torino, conosciuta ancora oggi come la “strada dei cattolici”, la cui costruzione era iniziata nel 1858, al tempo dei turchi. Abbandonata dopo la costruzione della Cattedrale nel 1939, per essere nuovamente utilizzata necessitava di lavori di restauro abbastanza costosi.

Il parroco della Cirenaica, del territorio cioè che si estendeva da Tobruch a Ras Lanuf comprendendo anche l’oasi d Cufra, era allora Padre Giovanni Martinelli il quale poteva contare sulla collaborazione di pochi altri missionari francescani e di alcuni sacerdoti polacchi. Ma, per quanto sopra menzionato, non poteva usufruire di una vera e propria chiesa: le messe venivano celebrate nei cantieri, negli ospedali e ovunque venisse richiesto, in cappelle improvvisate, in ambienti normalmente destinati ad usi profani e trasformate per l’occasione in luoghi di culto. Nel nostro villaggio di Marsa el Brega, ad esempio, la messa veniva celebrata nel locale della mensa europea, che era sufficientemente ampio e dotato di panche. L’altare veniva improvvisato su uno dei tavoli dove si pranzava.

I lavori di restauro della Chiesa dell’Immacolata vennero affidati a Padre Martinelli il quale, servendosi della collaborazione materiale di un’importante impresa italiana operante da anni in Libia e dell’aiuto economico di numerose ditte operanti in Cirenaica, riuscì ad inaugurarla l’8 dicembre 1977. Anch’io fui invitato a questa inaugurazione come rappresentante della filiale libica della Lodigiani. Era la chiesa dove ero stato battezzato nel 1924, per cui ricordo con una particolare emozione quella commovente cerimonia svoltasi in una incredibile e straordinaria atmosfera di fraternità. Erano presenti il Vescovo di Algeri, quale rappresentante della chiesa cattolica del Nord Africa; il Vescovo di Tripoli, Monsignor Aurelio Previtali; il rappresentante della Santa Sede, Monsignor Rossano; l’Archimandrita ortodosso di Bengasi; i rappresentanti delle Chiese Protestanti presenti in Libia e persino alcune autorità libiche di primo piano e personalità islamiche, oltre alle varie rappresentanze consolari europee. La Messa e la solenne funzione furono concelebrate da sei sacerdoti in sei lingue diverse: latino, italiano, inglese, francese, polacco e arabo. Il tema della lettura del Vangelo fu l’Annunciazione a Maria che venne letta in francese e arabo unitamente alla versione di questo evento secondo il Corano.

 

Di Francesco Prestopino

Articolo pubblicato su Italiani d’Africa n.4/1992