Quello che sarebbe stato il capo della neoministra della Difesa Elisabetta Trenta in una società alla quale è stato attribuito il compito di arruolare mercenari è un ex dirigente di Democrazia proletaria. Chi a Roma ha conosciuto il movimento degli studenti negli anni 70 se lo ricorda in assemblee o cortei, e non come poliziotto o difensore di multinazionali. Maurizio Zandri, 68 anni, è stato il direttore generale di Sudgest e Sudgestaid. Lo incontriamo in una sede della Link Campus University, la stessa nella quale Trenta è stata vicedirettore del master in «Intelligence e sicurezza» e Zandri insegna «Cooperazione internazionale». Della Link risalta da tempo l’attenzione verso il mondo dei servizi segreti. Il presidente del suo consiglio di amministrazione è Vincenzo Scotti, ex ministro dell’Interno democristiano. Ma ad accoglierci nel bar interno c’è qualcuno che ricorda un ulteriore versante della sinistra, diverso da quello di Zandri, ed è un altro non noto per avere aria da 007: Maurizio Venafro, già collaboratore di Walter Veltroni e Nicola Zingaretti, oggi alto dirigente della Link. Entrambi ci ridono su a essere considerati guerrafondai. Eppure è del Pd che al momento si trova bersaglio la ministra Trenta, sulla quale Matteo Renzi si è impegnato a ottenere un prossimo interessamento del Comitato parlamentare di controllo sui servizi. Michele Anzaldi, deputato del Pd, ha scritto su Facebook: «Come è stato possibile nominare ministro della Difesa (…) chi ha presieduto una società che assolda mercenari, ovvero soldati privati?». Anzaldi ha sostenuto che Trenta è stata presidente di Sudgestaid. Inevitabile domandare a Zandri: lei conferma? «Assolutamente no. Primo: Elisabetta Trenta non è mai stata presidente della società, e la responsabilità della firma dei contratti era di altri e mia. Poi la nostra attività esclusiva è stata di sostegno allo sviluppo di aree svantaggiate e cooperazione internazionale». Quando fu assunta Elisabetta Trenta? «Mi sembra nel 1998. Comunque all’inizio di la mafia e il recupero della legalità in posti come Corleone, Monreale, Locride…». Avete lavorato in zone di guerra o segnate da guerre, comunque. Zandri: «La competenza nelle aree d’Italia a rischio fece sì che nel 2003 e 2004 ci fosse proposto di occuparci di Iraq, soprattutto di Nassiriya. A fermarci è stata nel 2014 la guerra a Daesh». E lì la sicurezza del vostro personale era garantita da mercenari? «No. Eravamo all’interno della cittadella militare di Camp Mittica, quindi usufruivamo della protezione del campo militare come tutti i cooperanti». Altri impegni all’estero? «La nostra specialità è la formazione di dipendenti pubblici dove occorre superare un clima di guerra o retaggi di dittatura. Lo abbiamo fatto in Afghanistan, Libano, Yemen, Tunisia». Quali compiti aveva l’attuale ministra della Difesa? «Era una delle progettiste di queste attività». In Libia la Sudgest ricevette un mandato dalla Farnesina per incoraggiare il disarmo di miliziani libici. «Abbiamo cominciato con un programma degli Esteri per piccoli progetti di sviluppo in villaggi che potessero essere di compensazione e promozione della consegna delle armi», spiega Zandri. Consegna a chi? «Alle autorità, mica a noi. Il nostro compito era proporre che in cambio di un ponte o una rete di illuminazione venissero consegnate armi in circolazione. Per individuare le aree di interesse sulle quali tentare di proporre quei progetti, dice il contratto da me firmato, c’è una società specializzata che può farlo grazie alle relazioni con militari e le strutture di sicurezza dell’Eni. Sarebbe reclutare mercenari?». E Elisabetta Trenta che cosa faceva? «Gestiva con me l’insieme del progetto. A Tripoli nel 2012 ci rendemmo conto che la consegna delle armi non veniva accettata. Con la nostra ambasciata, ci dicemmo: riconvertiamo il tutto per formare ex combattenti a diventare guide turistiche di Leptis Magna, Sabrata, Cirene. Elisabetta riuscì a far stringere un accordo tra ministeri libici di Interno e Cultura per assumerli». In un’interrogazione del Pd al Senato si domanda alla ministra se l’esecuzione del progetto sul disarmo sarebbe stata «affidata a Gianpiero Spinelli, noto alle cronache per aver arruolato i quattro italiani rapiti in Iraq, vicenda segnata dall’uccisione di Fabrizio Quattrocchi nel 2004». Zandri: «Per quanto so Spinelli era uno dei soci dell’azienda che incaricammo di individuare le aree per i nostri progetti». Questa conversazione non è un’inchiesta né chi scrive emette sentenze. Ultima curiosità: Zandri, lei e la politica oggi? «Non simpatizzo per 5stelle: non trovo democratico il loro modello di democrazia. Ma attacchi del genere screditano le opposizioni. Fra una stampa che esagera, va fuori dalle righe nella critica e una supina preferisco la prima. Quindi scuso tutti».