“L’Italia deve cambiare subito passo. Sottovalutare i rischi di quanto sta accadendo in Libia potrebbe avere conseguenze gravissime”.

Non usa mezzi termini l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti per giudicare negativamente l’operato del governo Conte sullo scenario internazionale.

Quali sarebbero gli errori?

“In Libia si riflette in maniera acuta qualunque elemento di tensione internazionale. Per noi la stabilizzazione del Paese è fondamentale per il controllo dei flussi demografici, per fronteggiare il terrorismo e per continuare ad avere un dominio nel settore energetico. Finora l’Italia aveva avuto un ruolo da protagonista, tessendo la tela dei rapporti e coinvolgendo tutte le parti. Mi sembra che adesso non si stia seguendo affatto questa strada”.

E che cosa si dovrebbe fare?

“Prima di tutto dobbiamo essere noi a gestire in maniera diretta questo momento di instabilità. E’ giusto che si chieda che sia garantito un percorso di sicurezza e trasparenza verso le elezioni. Ma questo non deve significare il superamento dell’orizzonte elettorale. Ma soprattutto, questo è l’aspetto fondamentale, l’Italia deve smettere di essere l’elemento divisivo dell’Europa”.

Secondo lei pasta questo a produrre risultati?

“Mettere gli Stati africani al centro dei rapporti con l’Unione Europea si è rivelata una carta vincente. Non eravamo riusciti a trasformare gli aiuti a quei Paesei in investimenti e su questo avevano avviato i negoziati coinvolgendo anche i capi tribù. Adesso si è invece deciso di riportare il conflitto sull’immigrazione dentro l’Europa per puro calcolo politico, pur non essendoci nessuna emergenza”.

Che cosa vuoi dire?

“Si usa l’immigrazione come punto di rottura. Siccome non si può rompere sull’euro perché in questa fase storica ci farebbe pagare un prezzo altissimo, si è deciso di usare un altro tema legato all’arrivo dei profughi”.

Non vorrà dire che questo fomenta la guerra civile in Libia.

“Il governo attuale rivendica l’alleanza con quella parte di Stati che non vuole aiutare la Ue. Nelle scorse settimane, mentre si chiedeva collaborazione per la distribuzione dei migranti a bordo della Diciotti, il ministro dell’Interno Matteo Salvini incontrava il premier ungherese Viktor Orbàan e il presidente Giuseppe Conte riceveva quello ceco Andrei Babis. Vorrei ricordare che il gruppo di Visegrad è fuori quadro rispetto all’Africa. E’ sulla rotta balcanica e non a caso vuole confermare il contributo di tre miliardi alla Turchia”.

Quindi lei non crede chye anche la Francia abbia delle responsabilità?

“Io dico che in Libia si è creato un vuoto e come succede in questi casi c’è chi cerca di colmarlo. Non c’è un disegno internazionale, ma alcune milizie di fronte alla possibilità che si aprono vuoti cercano di colmarli. E l’obiettivo è il controllo della città di Tripoli”.

Anche il suo governo ha avuto tensioni con Parigi.

“Nella ricerca di un punto di equilibrio nella trattativa Europa e Africa, Emmanuel Macron organizzò un vertice tra Serraj e Haftar. Non posso nascondere che ci fu preoccupazione, ma noi abbiamo reagito in maniera concreta”.

Come?

“Tenendo in piedi il negoziato con tutti. Subito dopo Parigi, il presidente Sarraj venne a Roma e chiese all’Italia di inviare una missione navale. Poco tempo dopo io sono andato da Haftar e ho avuto un incontro lungo e importante. Poi lui è venuto a Roma e subito dopo è volato a Parigi”.

Basta coinvolgere tutti per pacificare il Paese?

“Voglio dire che era questo il punto di equilibrio e quanto accaduto dimostra che anche tra Paesi amici c’è rapporto di collaborazione e competizione. L’importante è gestirlo. La competizione deve essere virtuosa. Ora invece siamo in tensione anche con alleati storici come Spagna e Germania.

Anche voi avete subito resistenze sulla distribuzione dei migranti. Le ricollocazioni sono state un fallimento.

“Le abbiamo quadruplicate e poi abbiamo gestito gli arrivi. L’Italia deve essere come l’uomo ragno che tesse la tela non come l’incredibile Hulk che spaventa la gente, perché tanto non si spaventa nessuno. La nostra storia ci pone come un punto di comunicazione tra l’Ovest e l’Est. Ma non si può consentire che l’Italia passi a Est e diventi l’Ungheria del Mediterraneo”.

Lei crede che dalla Libia passano riprendere le partenze?

“Questo rischio evidentemente esiste. Ma non è quello più grave. Io vorrei ricordare che fino a poco tempo da la vecchia capitale era sotto il controllo dello Stato Islamico”.

Vuol dire che più alto è il pericolo fondamentalista?

“La presenza dei foreign fighters è una realtà così come la loro volontà di arrivare in Europa.Credo che affrontare tutto questo sia un po’ più importante che pensare alla distribuzione di poche centinaia di profughi”.