Gli Stati Uniti entrano in maniera sempre più decisa nella partita libica cercando la sponda con I‘ Italia in vista della conferenza di Palermo, ma le distrazioni del governo giallo-verde e le tensioni di palazzo rischiano di mettere Roma fuori gioco sul più importante dei dossier. Per la prima volta dall’insediamento dell’amministrazione Trump, l’America sembra più –attenta e attiva. sulla questione libica, spiegano a «La Stampa fonti delle Nazioni Unite. Questo attraverso una presenza più consistente delle Ong a stelle e strisce sul territorio di Tripoli durante la rivolta armata che ha tenuto in scacco la capitale libica all’inizio di settembre”. A questo di aggiungono le indiscrezioni su una possibile partecipazione di Donald Trump alla conferenza di Palermo del 12 e 13 novembre, in vista della quale Williams ha fatto di recente tappa a Roma per una serie di consultazioni. Ne consegue l’importanza strategica che assume la conferenza di Palermo, in prossimità della quale però l’Italia appare distratta, impreparata. All’Onu preoccupa l’assenza prolungata e forzata dell’ambasciatore Giuseppe Perrone da Tripoli, ovvero colui che ha seguito gli sviluppi politici sul campo nel corso degli ultimi quasi due anni e nei confronti del quale gli americani hanno espresso grande stima. Assenza, quella del diplomatico, dovuta a motivazioni di sicurezza seguiti a una campagna mediatica denigratoria costruita ad arte contro di lui, distorcendone le dichiarazione sulle elezioni rilasciate a Libya Channel. Motivi di sicurezza che, per altro, sono stabiliti dalla stessa intelligence. Fonti informate spiegano che “l’assenza dell’ambasciatore non appare estranea ai movimenti in corso dei vertici dei servizi ai quali competono le valutazioni di sicurezza sulla presenza dello stesso diplomatico, e per i quali mantenere il vuoto sul terreno libico, al momento aiuta a restare in sella, almeno per un periodo”. Le nomine dei nuovi vertici dell’intelligence potrebbero arrivare nei prossimi giorni, ma non è escluso che siano ancora rinviate. Intanto da Tripoli giungono segnali di preoccupazione in merito, alla luce di due fatti. Il primo è il sorgere di una campagna di delegittimazione nei confronti di Palermo da parte “dei soliti noti” che hanno già attaccato Perrone ad agosto. Il secondo è il rischio che “Khalifa Haftar rigetti o utlizzi l’invito a suo favore su pressioni della Francia pronta a cavalcare una eventuale disfatta di Palermo”. Con il rischio che inizi a vacillare anche il consenso americano alla cabina di regia Usa-Italia, su cui il premier Giuseppe Conte ha incassato il 30 luglio l’endorsement di Trump.