Con Fayez al Sarraj sempre più isolato in una Tripoli di nuovo ostaggio degli scontri tra milizie, e il passo indietro di Misurata rispetto al Governo libico tornano la violenza e l’instabilità nel Paese. Ma è la ripresa delle partenze dei barconi voluta dai gruppi criminali l’aspetto che, in questo momento, maggiormente impensierisce l’esecutivo italiano. E in particolare il ministro degli Interni Matteo Salvini che sulla tenuta istituzionale del Paese maghrebino ha modulato la sua strategia di contrasto al traffico di essere umani diretto in ItaliaCon Fayez al Sarraj sempre più isolato in una Tripoli di nuovo ostaggio degli scontri tra milizie, e il passo indietro di Misurata rispetto al Governo libico tornano la violenza e l’instabilità nel Paese. Ma è la ripresa delle partenze dei barconi voluta dai gruppi criminali l’aspetto che, in questo momento, maggiormente impensierisce l’esecutivo italiano. E in particolare il ministro degli Interni Matteo Salvini che sulla tenuta istituzionale del Paese maghrebino ha modulato la sua strategia di contrasto al traffico di essere umani diretto in ItaliaIl picco di partenze degli ultimi cinque giorni è dovuto alla ripresa delle attività dei trafficanti spinti dalla necessità di rifare cassa dopo un lungo periodo di diffcioltà legato al contrasto delle forze libiche. Anche ieri sarebbero partite almeno 200 persone sebbene circa 160 siano state intercettate e riportate a terra, spiegano fonti locali.La ripresa delle partenze è sostenuta da due fattori, le condizioni meteo favorevoli e la crisi istituzionale che indebolisce le attività di controllo. È ormai chiaro, infatti, che il premier del Governo di accordo nazionale è sempre più solo dopo la presa di distanza dei tre vice Ahmed Maetig, Fathi al Majbari e Abdel Slam Kajman contrariati dalle scelte compiute in completa autonomia da Sarraj e in violazione agli accordi di Shkirat che prevedono la consultazione imprescindibile di tutti i membri del Consiglio presidenziale per scelte di carattere istituzionale.Una deriva «individualista» che è costata a Sarraj l’allontanamento di Misurata, già irritata per il trattamento ricevuto nella conferenza di Palermo, dalla compagine di governo. Tanto che in recenti colloqui con l’inviato delle nazioni Unite, Ghassan Salame, rappresentanti della «città-Stato» si sono detti pronti a boicottare il governo se non lascerà lavorare Maetig, principalerappresentante misuratino a Tripoli. Questa volta Sarraj non può contare nemmeno sulle forze di protezione della capitale, ovvero le milizie che hanno sempre appoggiato (e di recente sempre più condizionato) il premier, a partire da quella guidata da Haitem Tajuri. Le stesse che nei giorni scorsi hanno annunciato, attraverso un comunicato ufficiale, il rifiuto di rispettare da ora in avanti ogni decisione del Gna proprio a causa della divisione interna al Consiglio presidenziale.Le forze tripoline accusano anche il ministro dell’Interno Fathi Bashaga, che nei giorni scorsi ha firmato un decreto che assegna l’area attorno all’ex Aeroporto internazionale di Tripoli, obiettivo strategico per le milizie rivali, proprio a Tarhuna facendo sollevare le ire delle forze di protezione tripoline.Sarebbero state quest’ultime infatti a dare fuoco alle polveri una settimana fa innescando la ripresa degli scontri ai quali la Settima brigata avrebbe solamente risposto al contrario di quanto si era pensato inizialmente.La Libia (occidentale) insomma sta conoscendo un’altra fase di crisi la cui diretta conseguenza è la ripresa dei traffici di essere umani dalle proprie coste come dimostrano gli ultimi tragici episodi avvenuti nel Mediterraneo. E questo a causa del mancato funzionamento delle attività di prevenzione e soccorso, in particolare della Marina libica e della Guardia costiera, come dimostra il silenzio che ha fatto seguito agli Sos arrivati in questi ultimi giorni dal Mediterraneo e rivolti alle autorità libiche. Funzionamento che presupporrebbe quello dell’esecutivo e sul quale l’Italia, dall’ex capo del Viminale, Marco Minniti allo stesso Salvini, ha edificato l’intera architettura del contrasto al traffico di migranti illegali diretti verso l’Italia.