Il Parlamento con sede a Tobruk dà il via libera all’intervento del Cairo nella guerra in Libia: lo conferma anche il presidente Aguila Saleh in visita nella capitale italiana. Continua il blocco delle esportazione petrolifere: secondo il Gna e l’alleato turco, dietro le scelte di Haftar ci sono attori stranieri.
Via libera all’Egitto
In una dichiarazione rilasciata dalla Camera dei Rappresentanti con sede a Tobruk è stata data la disponibilità ad un eventuale intervento militare egiziano nel conflitto libico. Tale azione, secondo il Parlamento libico, è resa necessaria per “contrastare l’invasione e l’occupazione turca”.
Il documento sottolinea la crescente posta in gioco nel paese nordafricano, dove la “linea rossa” si è consolidata, da qualche settimana, vicino alla città di Sirte, dopo che il Governo di accordo nazionale (Gna), insieme al sostegno di Ankara, aveva respinto l’assedio lanciato sulla capitale Tripoli dall’Esercito nazionale libico (Lna) durato più di anno.
Il Parlamento di Tobruk accoglie con favore le parole del presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, circa una possibile azione in Libia e allo stesso tempo chiede uno sforzo congiunto di entrambi i paesi per tentare di “assicurare la sconfitta degli occupanti invasori e preservare la sicurezza e la stabilità nella regione”.
Aguila Saleh a Roma
Anche il presidente stesso della Camera dei rappresentanti, Aguila Saleh, per la prima volta in visita in Italia dalla Conferenza di Palermo nel 2018, ha confermato che qualora l’esercito del Gna dovesse attaccare la città simbolo di Sirte – ritenuta la porta di accesso ai principali terminal di esportazione petrolifera del paese – si troverebbe davanti “una resistenza fortissima”, sia da parte dell’esercito guidato da Khalifa Haftar che da parte dei suoi alleati.
Principale nodo da sciogliere è la questione petrolifera e il conseguente blocco alle esportazioni imposto dall’Lna. “Fino a quando non saranno soddisfatte le nostre richieste, che sono quelle di un’equa distribuzione dei profitti a tutti i libici, il blocco proseguirà”, dichiara Saleh in un’intervista all’Adnkronos. “Il petrolio è una ricchezza che appartiene a tutti i libici: il 70% delle risorse si trova a est e a sud, ma gli introiti sono sotto il controllo del Gna a Tripoli, che li usa per pagare milizie e mercenari”, spiega il presidente del Parlamento libico, “è ingiusto che il denaro non arrivi a tutti i libici, ma solo a una parte di essi”.
El Sonni:”Richieste Lna imposte da atri paesi”
Dall’altra parte, l’ambasciatore libico presso le Nazioni Unite, Taher El Sonni, ha dichiarato che le condizioni imposte da Haftar e dalle sue milizie per la riapertura dei porti e dei campi petroliferi dimostrano chiaramente che il feldmaresciallo sta eseguendo delle direttive imposte da un’agenda straniera. El Sonni ha confermato che l’alleanza con la Turchia di Erdogan è stata conseguenza dell’intervento di altri attori internazionali nel conflitto e che per il feldmaresciallo, ritenuto dal Gna un “criminale di guerra”, non ci sarà nessun posto in un’eventuale soluzione politica.
Rischio guerra totale
Sembra abbastanza chiaro che qualsiasi altra escalation potrebbe dare vita ad un conflitto diretto tra i paesi stranieri coinvolti che hanno già riversato nel paese nordafricano una quantità notevole di armamenti e personale militare, in violazione all’embargo imposto dalle Nazioni Unite.
Mario Savina, analista ricercatore, si occupa di Nord Africa e flussi migratori. Sapienza Università di Roma, AIRL Onlus – Italiani di Libia, OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo (Istituto “S.Pio V”)