Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha accantonato 20 milioni di euro (dei 200 totali) stanziati a favore dei profughi dalla Libia nella legge n. 7/09, senza spiegazioni plausibili.

L’AIRL, associazione dei rimpatriati dalla Libia, ha intrapreso quindi un’azione stragiudiziale sotto forma di diffida, purtroppo non andata a buon fine, e ora lavora all’azione presso le sedi giudiziarie competenti, dopo il diniego da parte dell’Amministrazione di procedere al pagamento delle somme residue, richiesto con la diffida, per mezzo di E-Lex, da più di 200 rimpatriati aventi diritto.

Il Ministero paghi il dovuto

In data 19 maggio 2020, gli avvocati dell’AIRL hanno formalmente diffidato il Ministero al pagamento delle somme dovute. Contestualmente hanno intimato l’amministrazione di rendere noto l’attuale stato di consistenza residua del Fondo istituito dalla Legge n. 7/2009 e di consentire l’accesso documentale agli atti dei giudizi attualmente pendenti – mai resi noti – il cui esito incerto secondo il Ministero impedirebbe di procedere alla terza e ultima fase di liquidazione degli indennizzi.
Il Ministero si è nuovamente trincerato sulle posizioni sostenute nel 2018, ancora una volta senza dare evidenza delle ragioni dell’applicazione di quel “criterio di ragionevole prudenzialità” che, a dire dell’Amministrazione, imporrebbe di accantonare 18 dei 200 milioni di euro stanziati dallo Stato per indennizzare gli aventi diritto (ossia, tutto il residuo).
Una risposta, dunque, approssimativa e sostanzialmente elusiva, che non lascia altra via se non agire in via giudiziale per ottenere quanto di diritto spetta ai titolari dell’indennizzo previsto dalla Legge n. 7/2009.
Gli avvocati hanno già provveduto a contestare quanto dedotto dal Ministero nel riscontro alla diffida, rappresentando l’imminente proposizione di azione giudiziaria. Inoltre, visto l’accoglimento della richiesta di accesso documentale, hanno richiesto che venga fissato un incontro presso i competenti uffici ministeriali per acquisire piena conoscenza sullo stato dei giudizi pendenti, finora solo genericamente menzionati dal Ministero.

Dato che il MEF ha dichiarato che non intende procedere bonariamente con la corresponsione delle somme residue, l’unica soluzione per provare ad ottenere quanto ancora non distribuito rimane il contenzioso giudiziario.

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Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia

La risposta del MEF

Il 24 luglio scorso, gli avvocati hanno trasmesso un ulteriore sollecito al Ministero richiedendo data, luogo e orario per accedere fisicamente alla documentazione in loro possesso e che giustificherebbe l’accantonamento dei 20 milioni di euro, intimando e diffidando l’Amministrazione “a consentire, senza ulteriore indugio, l’esercizio del diritto di accesso”. A fronte di una precedente richiesta del 7 luglio, infatti, non era pervenuto alcun riscontro in merito.

“Riteniamo che l’atteggiamento dell’amministrazione, in linea con quello assunto in tutti questi anni, sia illegittimo e ingiusto – spiegano dallo Studio legale. Parallelamente all’organizzazione delle attività per l’azione legale, è opportuno insistere per accedere agli atti dei fascicoli e a quelli menzionati nell’ambito delle comunicazioni intercorse”.
D’altronde, il Ministero, dava poco adito ad aspettative:
“Con riferimento alla diffida a procedere alla distribuzione [si legge nella risposta] delle somme residue del fondo […], nel rappresentare preliminarmente che eventuali ulteriori redistribuzioni delle suddette risorse richiedono […] l’adozione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari […], si ribadisce […] che, allo stato, si ritiene che le risorse residue del suddetto fondo debbano essere accantonate e destinate, secondo un criterio di ragionevole prudenzialità, agli oneri derivanti dagli ulteriori indennizzi da corrispondere in conseguenza […], in particolare, dal riconoscimento in via giudiziale di maggiori indennizzi”.
E ancora:
“In proposito, anche con riferimento a quanto richiesto dall’A.I.R.L. con nota del 23/8/2018 […], si precisa che ad oggi sono pendenti, in diversi gradi di giudizio, oltre 20 cause concernenti indennizzi per beni perduti in Libia” concludendo che “dai suddetti contenziosi, sulla base delle richieste avanzate in giudizio, possono derivare condanne dell’Amministrazione ad ulteriori esborsi a titolo di indennizzi per un importo complessivo quantificabile […] in oltre 25 milioni di euro”.

Azione giudiziale inevitabile

Partendo dall’inconcepibile e fumosa risposta del Ministero, gli avvocati hanno spiegato, dunque, quali saranno i prossimi step, che necessariamente passano per un’azione giudiziale collettiva. Azione che sarà tanto più simbolica quanto più partecipata. Naturalmente la discriminante a partecipare, per buona parte degli aventi diritto – ovvero proprio coloro i quali devono dividere quanto eventualmente percepiranno con tanti altri eredi o i titolari delle pratiche più piccole – riguarda i costi dell’operazione.
Gli avvocati hanno chiarito che nulla sarà chiesto anticipatamente ai singoli prima della conclusione del procedimento; in ogni caso, la quantificazione del compenso dovuto sarà comunicata a breve in una nota che sarà inviata agli aderenti.
Lo Studio Legale invierà una comunicazione riepilogativa che sarà trasmessa a tutti gli aderenti in modo da avviare l’azione giudiziale già in autunno. L’azione sarà intrapresa a nome di tutti coloro che hanno già firmato il mandato. Naturalmente se qualcuno degli aderenti intende rinunciare può trasmettere comunicazione in tal senso.