Il settore sanitario in Libia è stato fortemente messo alla prova dalla pandemia. Un settore già gravemente colpito dalla debole situazione della sicurezza, dalla corruzione finanziaria, dai conflitti armati e politici nel paese, oltre che dalle crescenti interferenze straniere. Il 17 aprile scorso la Libia ha lanciato la sua campagna di vaccinazione contro il coronavirus Covid-19 a Tripoli, dando priorità agli anziani e agli operatori sanitari. Secondo il Centro nazionale per il controllo delle malattie, gli over 70 avrebbero ricevuto il vaccino AstraZeneca mentre il russo SputnikV sarebbe stato somministrato al personale medico e alle persone di età compresa tra 50 e 60 anni.
Alla data del 15 maggio il numero di casi accertati di infezioni di Covid-19 in Libia era di oltre 181 mila, con più di 3 mila morti; i guariti, invece, ammontavano ad oltre 160mila. Le persone che hanno ricevuto una prima dose del vaccino sono circa 107mila. Ad aprile nel paese nordafricano sono arrivati oltre 400mila dosi di vaccino di tre marchi diversi. In particolare, 150mila dosi del cinese Sinovac sono arrivati dalla Turchia, dopo la visita all’inizio di aprile da parte dell’intero gabinetto libico guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah; più di 100mila dosi del vaccino russo SputnikV sono arrivati dagli Emirati Arabi Uniti (EAU): il primo lotto di questa spedizione è arrivata nella parte occidentale del paese e sarebbe stata gestita dagli uomini di Khalifa Haftar. Aiuti medici sono arrivati anche dall’Egitto a Sebha, importante capoluogo della regione centro-meridionale (ricordiamo che sia Abu Dhabi che il Cairo erano stati alleati del feldmaresciallo nella guerra volta alla conquista di Tripoli). Mentre, attraverso Covax sono giunti circa 57mila di dosi AstraZeneca e 100mila di SputnikV. Covax è il programma dei vaccini dell’Access to Covid-19 Tools (ACT) Accelerator (Acceleratore per l’Accesso agli Strumenti Covid-19), una collaborazione globale, che comprende anche i paesi più poveri del mondo, volta ad accelerare la produzione e l’accesso equo a test diagnostici, terapie e vaccini contro il Covid-19.
Il ministro della salute libico, Ali al-Zanati, ha dichiarato, dopo un colloquio con l’Ambasciatore statunitense in Libia, Richard Norland, che le aziende americane sono pronte a cooperare ed aiutare il sistema sanitario libico, anche con l’invio di vaccini e apparecchiature sanitarie. Lo stesso al-Zanati ha confermato l’arrivo di oltre cinque milioni di dosi del vaccino americano Johnson & Johnson nelle prossime settimane. Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) ha fornito al Ministero della Salute del Governo di unità nazionale (Gun) 74 frigoriferi per la conservazione dei vaccini con dispositivi di monitoraggio della temperatura che avvisano gli operatori sanitari in caso di interruzione della catena del freddo di prendere le misure necessarie . L’Unicef ha aggiunto di aver stabilito piani appropriati per distribuire frigoriferi a 46 comuni in tutto il paese per migliorare le capacità della catena, aggiungendo che in precedenza aveva consegnato 1.029 frigoriferi, contenitori per vaccini e quattro celle frigorifere al National Center for Disease Control and Medical Supply System (Ncdc). Il Direttore generale dell’Ncdc, Al-Din Al-Najjar, ha confermato in questi giorni che la situazione epidemiologica in Libia è rimasta invariata senza progressi evidenti, nonostante l’aumento della somministrazione dei vaccini alla popolazione. Aggiungendo che il numero di morti riportato potrebbe essere superiore ai dati in loro possesso oggi.
La “diplomazia del vaccino” cinese e russa nell’area Mena
Con l’aumento della domanda di vaccini in Medio Oriente e Nord Africa (Mena), Cina e Russia hanno visto l’opportunità di utilizzare i propri prodotti come strumento diplomatico nella regione, in concorrenza con gli Stati Uniti che sembrano essere ritornati attivi nell’area in queste ultime settimane. La diplomazia dei vaccini, o l’uso delle scorte di vaccini come strumento di proiezione del soft power, è entrata nel dizionario politico dallo scoppio della pandemia. In un mondo in cui il Covid-19 ha causato una grave crisi umanitaria ed economica-finanziaria, le forniture di vaccini promettono sollievo e interagiscono con la politica preesistente e le priorità di politica estera. Cina e Russia hanno cercato di rafforzare la loro influenza nella regione Mena con una serie di accordi sui vaccini di alto profilo. Ciò ha attirato l’ira di un’Unione europea assediata, il cui obiettivo autoaffermato è quello di diventare un’unione più geopolitica anche se il suo sforzo di vaccinazione interno è in ritardo rispetto a Stati Uniti e Regno Unito.
La produzione cinese dei propri vaccini attraverso le società Sinopharm e Sinovac, mira a promuovere la propria “diplomazia dei vaccini” e ad agire da contrappeso alle alternative occidentali, tra cui i vaccini statunitensi Moderna e J&J, quello tedesco-americano Pfizer-Biontech e l’anglotedesco AstraZeneca. La diplomazia cinese sui vaccini nell’area Mena si è allineata con la strategia più ampia per proporsi come leader mondiale nella lotta alla pandemia. La Cina ha puntato a fornire i suoi vaccini in tutta l’Asia e in altre parti del mondo, come il Brasile. Ma anche il Medio Oriente è un’area chiave, poiché si inserisce nella sua cosiddetta “Belt and Road Initiative” (BRI), progettata per collegare l’Asia con l’Africa e l’Europa mediante reti terrestri e marittime attraverso progetti commerciali e infrastrutturali. Ciò ha incluso una maggiore cooperazione con gli stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), inclusi gli EAU che si sono già affermati come leader nella battaglia contro il coronavirus, con l’attuazione di gesti umanitari verso vari paesi della regione e dell’Africa, e con la cooperazione con organismi internazionali. Pechino ha anche inviato medici esperti e forniture come mascherine a vari paesi africani, il primo dei quali è stato l’Algeria. Oltre agli sforzi di Pechino sul vaccino utilizzato come strumento diplomatico, fornire un vaccino efficace (anche se ad oggi sono molti i dubbi sull’efficacia dei vaccini cinesi) è una forte mossa pubblicitaria, in particolare dopo le critiche rivolte al paese da figure come l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump su come il virus avesse avuto origine in Cina, accusa che ha minacciato di danneggiare l’immagine globale di Pechino.
Molti paesi dell’area hanno abbracciato il vaccino Sputnik V della Russia. I funzionari russi hanno affermato dall’inizio della pandemia che il loro vaccino era efficace oltre il 95 percento, il che se fosse vero lo renderebbe più efficace degli altri Pfizer, Moderna e Oxford-AstraZeneca. La Russia ha approvato il suo vaccino lo scorso agosto, diventando il primo paese ad annunciarne uno. E da allora, ha mirato a fornirlo a quei paesi con cui ha relazioni più strette, tra cui Tunisia, Algeria, Egitto, Turchia e Iran. Sembra che la diplomazia russa sui vaccini nel Nord Africa abbia raggiunto gli obiettivi prefissati: Mosca ha soddisfatto le esigenze dei paesi della regione. La Russia, tuttavia, deve ancora affrontare un’intensa concorrenza e difficili domande da parte dei consumatori sul fatto che la Russia possa mantenere le sue promesse e se le sue affermazioni scientifiche sul vaccino SputnikV siano credibili. Quel che è certo è che la riluttanza di Washington a intervenire in quest’area nell’ultimo anno ha allargato i margini di azione della diplomazia russa sui vaccini. Se i vaccini occidentali dagli Stati Uniti e dall’Europa fossero stati più disponibili, forse i paesi della regione sarebbero stati meno interessati alla scelta del vaccino russo. Mentre i governi occidentali hanno nel corso dei mesi portato avanti le proprie pretese per l’accaparramento indirizzato alla distribuzione interna, la Cina e la Russia hanno consolidato le loro relazioni con i paesi Mena.
Mario Savina, analista ricercatore, si occupa di Nord Africa e flussi migratori. Sapienza Università di Roma, AIRL Onlus – Italiani di Libia, OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo (Istituto “S.Pio V”)