Mentre la comunità internazionale, e in particolar modo i paesi europei, si muovono a sostegno del processo politico onusiano che ha portato a capo del Governo di unità nazionale (Gnu) Abdalhamid Dbeibah e internamente si continua a litigare sulla figura di Khalifa Haftar e sul suo ruolo nel processo di unificazione del paese, il Fezzan rimane sempre più un ambiente in cui il le armi della miriade di milizie presenti e l’estremismo dei gruppi terroristici fanno da padrone.

Nella giornata di ieri un’autobomba è esplosa a un posto di blocco nella città di Sebha, nel sud della Libia. L’esplosione ha causato la morte di due persone, tra cui un alto ufficiale di polizia. Il gruppo estremista dello Stato Islamico (Isis) ha rivendicato in tarda serata l’attentato, affermando che uno dei suoi membri ha preso d’assalto il checkpoint usando un’auto carica di esplosivo. Il primo ministro Dbeibah, ha commentato l’accaduto su Twitter definendolo un “codardo atto terroristico”, offrendo le condoglianze alle famiglie dei due “martiri” uccisi. Il premier libico ha aggiunto inoltre che “la guerra contro il terrorismo continua”. Sebha, capoluogo della regione meridionale del Fezzan, è controllata dalle forze fedeli al generale Khalifa Haftar ed è stata teatro di numerosi attentati terroristici negli anni passati. Poche settimane fa, il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, aveva annunciato l’apertura di un consolato onorario proprio nel capoluogo meridionale.

Il Fezzan soffre di molteplici problemi: l’economia lecita della regione è depressa e le istituzioni economiche e finanziarie nazionali che potrebbero aiutare al suo rilancio sono in gran parte paralizzate; al contrario, l’economia illecita è in forte espansione. Sebbene la regione sia dotata di risorse naturali, soffre dell’assenza di un’autorità statale centrale in grado di imporre ordine e regole. Tale situazione viene confermata anche dalla carenza di carburante che affligge la popolazione locale; è possibile rifornirsi solo tramite il mercato nero e a prezzi maggiorati. Le tensioni etniche e tribali, amplificate dal vuoto politico e dalla competizione economica, sono state sfruttate da fazioni rivali in competizione per il controllo del paese. Anche forze esterne – potenze regionali, mercenari stranieri e gruppi jihadisti – si sono intromesse, unendosi ai conflitti locali o utilizzando il sud come zona di transito. Oggi, la regione è spesso rappresentata come una zona di insicurezza sistemica, lontana e scollegata dalle questioni politiche del nord del paese. La sua importanza, tuttavia, è cruciale per la stabilizzazione nazionale e la sicurezza regionale nel Sahel. La regione è ricca di risorse naturali: possiede vaste riserve di greggio e gas naturale, alcuni giacimenti di oro e grandi falde acquifere sotterranee; inoltre, sono presenti due dei più importanti giacimenti petroliferi dell’intero Nord Africa: El-Sharara e El-Feel.

Il Fezzan ospita meno del 10% della popolazione libica, ma i suoi residenti sono sia etnicamente che politicamente fratturati. Ci sono tribù arabe: alcune grandi e potenti, come gli Awlad Suleiman e i Qadhadhfa; alcune più piccole, sebbene intellettualmente e religiosamente influenti, come gli Hodairi. Esistono anche gruppi etnici minoritari non arabi, come i Tebu, i Tuareg e i Fezzana. Nonostante i conflitti localizzati e le tensioni sociali in molte zone del sud, due città principali si sono sviluppate e svolgono un ruolo chiave nella regione: Sabha e Ubari. Etnicamente e tribalmente diverse, entrambe le città risentono della mancanza di una governance centralizzata, soprattutto nei settori della sicurezza e della giustizia pubblica. Le economie locali di questi centri urbani si basano principalmente sulle rotte di contrabbando e sui giacimenti petroliferi.

L’establishment militare ha una posizione forte nel sud, dovuta al forte reclutamento durante l’era Gheddafi, ma è frammentato e senza una chiara leadership dalla rivoluzione del 2011. I membri dell’esercito regolare sono stati smobilitati, rimanendo senza stipendio per anni. Molti si sono uniti a gruppi armati di composizione civile e militare, formati lungo linee tribali e strutturati in modi non conformi alla gerarchia militare. La maggior parte della popolazione meridionale desidera un esercito nazionale unificato che abbia il compito di migliorare la sicurezza dell’area e contrastare il trinceramento tribale. Il comando generale dell’Esercito nazionale libico (Lna), guidato da Haftar, ha posto molta enfasi sul ruolo delle strutture militari, supportando le zone militari esistenti e creando nuove strutture. La sua narrativa militare e nazionalista ha motivato molti ex membri dell’esercito e della polizia pre-2011 a riprendere il servizio. Tuttavia, in alcune aree ci sono strutture di comando parallele: una risponde all’Lna e l’altra a Tripoli.

Le comunità fanno affidamento su attori sociali e gruppi armati per la sicurezza e la giustizia. La sicurezza è vista come una responsabilità collettiva che richiede la collaborazione di attori sia formale che informali, almeno nelle città più piccole e a livello di quartiere. Pertanto, i gruppi armati irregolari spesso assumono funzioni di polizia all’interno di zone limitate. A volte tale milizie collaborano con organi giudiziali formali.  Le milizie del sud sfruttano il loro controllo del territorio e delle strutture strategiche per ottenere rendite dallo Stato, per consentire i flussi commerciali illeciti e impegnarsi in estorsioni e banditismo. Nelle città del Fezzan, alcune milizie tassano le imprese in cambio di protezione. Le attività illecite, come la gestione di case di transito per migranti, sono una buona fonte di entrate per questi gruppi, in particolar modo a Sebha. Sebbene la maggior parte delle milizie non si dedichi direttamente al traffico di essere umani, molti richiedono il pagamento per consentire ai trafficanti non libici di operare nelle loro aree e proprietà.

Oltre alla presenza della miriade di milizie, la regione sembra essere infestata da gruppi jihadisti. L’organizzazione terroristica è in Libia da anni: dopo la sconfitta a Sirte, si è trasferita nel sud, dove si sarebbe organizzata in piccole brigate. Come riporta Formiche.net, lo scorso 2 giugno forze fedeli ad Haftar hanno arrestato tre importanti esponenti di Al-Qaeda nella regione di Tarut, situata nel sud-ovest. Gli uomini della brigata Tariq bin Ziyad hanno colpito un gruppo jihadista a 30 chilometri dalla città di Brak Al-Shati, nel sud-ovest della Libia. Durante il raid sono stati arrestati inoltre 3 terroristi affiliati ad Al-Qaeda nel Maghreb. D’altra parte, il pericolo delle infiltrazioni dello Stato Islamico in Fezzan è sempre stato concreto e reale. L’Isis aveva annunciato la costituzione della wilaya del Fezzan come part del suo califfato ancora nel 2014. Dopo l’espulsione da Sirte i combattenti hanno esplorato vie alternative a sud conitnuando a costituire una minaccia concreta. Nel gennaio 2019 le forze di Haftar avevano lanciato l’operazione Law Enforcement, con l’obiettivo di colpire i gruppi terroristici, i trafficanti di esseri umani e di carburante ed espellendo i mercenari ciadiani. Eppure secondo i media libici recentemente le organizzazioni terroristiche sono ritornata ad essere attive nelle regioni dell’estremo sud della Libia. Se l’entità della presenza jihadista nel Fezzan e in Libia in generale è difficile da valutare e tracciare, esiste in ogni caso un interesse chiaro dell’Isis a penetrare nel sud della Libia per guadagnare terreno rispetto ad altre entità come AQMI e Boko Haram, sfruttando anche le rivalità locali e tribali del meridione libico.

Stabilizzare il Fezzan è fondamentale. Le milizie e le organizzazioni terroristiche rimangono una sfida seria e tra loro il gruppo dello Stato islamico è la minaccia più grave. L’altra sfida deriva sempre dalla componente demografica, che coinvolge le affiliazioni tribali ed etniche transfrontaliere di importanti segmenti della popolazione della Libia meridionale e le crescenti tensioni e conflitti lungo tali divisioni. Gli standard di vita nel sud testimoniano gravi carenze nelle infrastrutture e nei servizi pubblici che aggravano la situazione e rendono estremamente complicato trovare una soluzione senza una strategia comune nazionale e supportata dalla comunità internazionale. Rimane poi la questione migratoria: un Fezzan stabile è vitale per lo sviluppo della gestione integrata delle frontiere con la conseguente riduzione dei flussi che attraversano l’area.