Decine di organizzazioni non governative, tra cui Reporter senza frontiere, Access Now e Mena Rights Group, hanno chiesto al Governo di unità nazionale (Gnu) libico di ritornare sui suoi passi e abrogare la legge sulla criminalità informatica recentemente approvata dalla Camera dei Rappresentanti, il Parlamento libico.

Il nuovo disegno di legge, adottato il 26 ottobre scorso, secondo molti osservatori, limiterà in maniera significativa la libertà di espressione online e permetterà alle autorità di prendere di mira attivisti e difensori dei diritti umani e della libertà di stampa. La nuova legge consentirà, inoltre, di monitorare e censurare i contenuti pubblicati sui vari social media e di bloccare pagine web senza nessuna necessità di ordine giudiziario.

La nuova legge anti-cybercrime prevede una miriade di termini troppo ampi e ambigui che darebbero alle autorità giudiziarie del Paese nordafricano un ampio potere discrezionale per limitare la libertà di espressione online.  L’articolo 4 stabilisce che l’uso di Internet e delle nuove tecnologie è considerato “legale” a condizione che siano rispettati “l’ordine pubblico e la morale”. Pertanto, qualsiasi uso che violi questi concetti ambigui potrà essere considerato punibile. Secondo l’articolo 37, “chiunque diffonde informazioni pubbliche o dati che minaccino la sicurezza o l’incolumità pubblica in Libia o in qualsiasi altro Paese”, è punito con la reclusione fino a quindici anni oltre alla relativa multa che ammonterebbe a circa diecimila dinari libici (quasi 2.000 euro). Inoltre, la pericolosità di tale normativa repressiva risiede nel discusso articolo 35, che prevede la reclusione per “chiunque abbia conoscenza della commissione o tentata commissione di uno dei delitti previsti dalla presente legge”.

Altri articoli controversi riguardano l’argomento delle intercettazioni. Secondo esperti di diritto, la nuova legge potrebbe giustificare l’azione penale nei confronti dei giornalisti per l’accesso alle informazioni o per le comunicazioni con i propri informatori al fine di condividere informazioni di interesse pubblico. Come già sottolineato in altri articoli, praticare giornalismo in Libia è diventato molto complicato. L’avversione nei confronti dei media continua ad aumentare e negli ultimi anni è peggiorata drasticamente. Secondo il World Press Freedom Index, realizzato da Rsf, la Libia è posizionata al 165° poste nella classifica per la libertà di stampa. I giornalisti, e tutti i professionisti collegati al settore, stanno assistendo ad un aumento della censura e devono oltretutto affrontare minacce alle loro vita.