Riportiamo qui di seguito un estratto dell’intervista alla presidente dell’AIRL, Francesca Prina Ricotti, sul rapporto tra Italia e Libia pubblicata su ilGiornale.it il 13 dicembre 2021
Lei è da poco diventata presidente dell’AIRL. Quali sono i suoi obbiettivi?
Per me è stato un vero onore essere stata scelta da Giovanna Ortu come nuova presidente AIRL. Il lavoro fatto dalla dottoressa Ortu in tutti questi anni sono testamento della sua forza e delle sue capacità, nonché del forte sentimento di unione che ancora è vivo tra gli Italiani di Libia. Purtroppo le generazioni che sono nate e cresciute in Libia sono ormai in età molto avanzata, e non in tutte le famiglie la conoscenza e le storie sono state tramandate come lo sono state nella nostra: per alcuni il trauma della cacciata del 1970 è stato molto forte e doloroso da ricordare. Uno degli obiettivi che mi sono posta, dunque, è di fare in modo che queste storie ed esperienze non vadano perse. Vorrei che si ricordasse la comunità italiana di Libia, che si ricordasse la Tripoli degli anni ’50 e ’60, che si possano trarre anche insegnamenti dall’armonia culturale e religiosa che si era creata in quegli anni. Inoltre, forte del legame reale ancora vivo tra le persone, tra le famiglie che vivono qui in Italia con amici in Libia, tra le aziende che già hanno collaborato con il Paese, tra tutti quegli stakeholders che hanno legami con il territorio, vorrei poter creare un ponte di scambio e collaborazione reali e fattiva, coinvolgendo imprenditori, privati cittadini, istituzioni: portare avanti progetti di formazione, finanziare restauri e missioni archeologiche, creare occasioni di commercio e scambio. La Libia è un paese che purtroppo vive ancora in una certa instabilità, ma noi vogliamo attivarci, creare connessioni, mettere in contatto le persone e fornire delle risorse per aiutare la popolazione libica tutta. Un primo passo in questa direzione è stato fatto in occasione del nostro evento dello scorso 27 novembre, dove abbiamo voluto riunire esponenti del mondo privato e pubblico, da parte libica ed italiana, per aprire un dialogo costruttivo e fare da intermediari tra le due sponde.
Quale ritiene essere il contributo che l’Italia può dare oggi alla Libia?
Il legame tra libici ed italiani rimane sempre forte sul territorio, nonostante le travagliate vicissitudini politiche. Gli imprenditori italiani hanno sempre trovato interessanti opportunità in Libia cosi come molti imprenditori libici coltivano da anni importanti collaborazioni con l’Italia. Ci piacerebbe anche potere creare una rete di scambio per la formazione di giovani libici in diversi ambiti, e creare joint ventures per preservare e far conoscere il ricchissimo patrimonio storico-culturale del Paese, forti ad esempio della collaborazione di una figura come quella della professoressa Musso, che da 40 anni lavora in Libia con successo ed impegno.
Su cosa Italia e Libia possono collaborare?
La vicinanza storica e soprattutto geografica ci rende il paese europeo più vicino in assoluto. La collaborazione, non voglio essere vaga, ma davvero potrebbe essere in tutti i campi. Per entrare nello specifico spero che potremo avviare una collaborazione nel campo della formazione. Nel campo dei beni culturali abbiamo ideato con la professoressa Musso un interessante progetto archeologico che spero veda la luce molto presto, racchiude in sé quasi tutti i punti sui quali potremmo concentrarci: formazione, recupero, conservazione e continuità nel tempo del rapporto di amicizia. Per quanto riguarda i rapporti economici, spero davvero che gli imprenditori vedano nella Libia le potenzialità di un territorio che gli Italiani di Libia sanno essere estremamente ricco non solo per quanto riguarda le risorse petrolifere; un territorio che ha un estensione di sei volte quella italiana con una popolazione di soli sei milioni di abitanti. Un paese immenso in rapporto alla popolazione, in una posizione strategica per l’Italia, con tantissime potenzialità non sfruttate.
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