La morte del blogger Tayeb Shreri avvenuta a Misurata nei giorni scorsi richiama l’attenzione sulla violazione della libertà di stampa in Libia negli ultimi anni. L’assassinio, secondo fonti locali, sarebbe avvenuto in pieno giorno ad opera della Join Force, milizia molto vicina al Governo di unità nazionale (Gnu) e al premier Abdelhami Dbeibah. Il motivo sarebbe da collegare alle critiche espresse pubblicamente dal blogger nei confronti del gruppo armato. La stessa milizia è accusata del rapimento avvenuto lo scorso 3 Marzo dei due ministri del nuovo Governo di stabilità nazionale (Gns) appena formato e guidato da Fathi Bashagha.
L’ultimo rapporto fornito alle Nazioni Unite da Reports Without Borders (RSF) documenta le violazioni della libertà di stampa e i numerosi abusi subiti dai giornalisti in Libia dal 2016 ad oggi. Sulla base delle informazioni raccolte da fonti locali, RSF dettaglia le minacce e gli attacchi contro giornalisti e organi di stampa, comprese le esecuzioni extragiudiziali, gli arresti arbitrari e gli atti intimidatori. Nessuno di questi crimini sarebbe stato oggetto di indagini giudiziarie, di un processo o di una condanna.
A undici anni dalla rivolta che ha “trasformato” il Paese, l’ambiente politico, sociale ed economico in Libia è ancora instabile. Il processo politico avviato sotto l’egida delle Nazioni Unite che avrebbe dovuto accompagnare l’ex colonia italiana alle elezioni sembra aver raggiunto un punto morto. Ciò è testimoniato dalla presenza di due governo paralleli. Le fazioni rivali continuano il loro interminabile contrasto per il potere, mentre le milizie armate controllano gran parte del territorio, aggravando la situazione e destabilizzando il panorama civile e sociale. Ciò ha comportato un pesante tributo per i giornalisti e i media, con tantissimi casi di censura, violenza ed intimidazioni. Secondo RSF, la Libia si è classificata infatti al 165° posto nel 2021, nella classifica mondiale della libertà di stampa che valuta tale condizione in 180 paesi ogni anno.