Il libro di Leonardo Bellodi (edito da Mondadori) mira a ricostruire, passo dopo passo, l’ascesa di Moammar Gheddafi e i suoi anni al potere, fino alla tragica fine, avvenuta nell’ottobre del 2011. Al contempo l’autore vuole indagare sui rapporti che il regime libico ha intessuto con i suoi partner mediorientali e africani, ma anche con l’Occidente, al fine di comprendere quale eredità abbia lasciato e quanto la questione libica pesi ancora oggi sull’intero contesto del Mediterraneo.

Un susseguirsi di eventi. Dal colpo di Stato – avvenuto la notte tra il 31 agosto e il 1° settembre del 1969 –  alla nascita della Jamahiriya, tra sfruttamento delle risorse energetiche, controllo su tribù e clan familiari e rapporti con gli Stati Uniti e l’Occidente. Un’analisi della rete costruita attraverso il petrolio, l’appoggio ai terroristi negli anni Settanta e Ottanta e la “conversione” agli inizi del nuovo millennio, ma soprattutto attraverso il fiume di petrodollari con cui la Libyan Investment Autorithy (LIA) è entrata nella fitta ragnatela del tessuto economico mondiale. Un documentatissimo lavoro di ricerca e ricostruzione per riflettere sui “conti lasciati in sospeso” dalla Libia di Gheddafi a quella di oggi, con uno sguardo attento anche all’Italia, interlocutore privilegiato e ancora oggi interessato a tenere vivi i legami economici e a trovare una soluzione alla crisi che attanaglia il Paese.

Per l’autore, “l’Italia si trova in una posizione complicata, perché mentre tanti Stati hanno la possibilità di scegliere le loro priorità di politica estera, noi no, perché abbiamo una scelta fissa che è la Libia. Questo per ragioni di carattere storico, di vicinanza geografica, culturale, interessi energetici ed economici”.