La storia raccontata nel libro di Francesco Amadelli affronta uno dei capitoli più particolari della storia italiana: la Libia e l’episodio della cacciata della comunità italiana dal Paese nordafricano. Il tutto inizia grazie all’incontro – casuale o voluto dal destino – dell’autore con una giovane donna italiana che gli racconta la sua vita in Libia. Le vicende del libico Mustafa al-Mehrak, un giovane la cui storia inizia da ancora minorenne con le prime esperienze durante la presenza italiana, e le vicissitudini che lo segnarono per tutta la vita, si alternano nelle pagine del libro alla storia della tripolina. “Allah è dalla nostra parte” si sentiva dire sempre Mustafa da tutti, anche duranti i tristi episodi che videro il popolo libico tentare di resistere alla presenza italiana. Il testo racconta momenti felici della vita in Libia, come il Gran Premio di Tripoli, con le sue macchine prestigiose, e il cinema che l’autore considera “l’arma più forte” perché in grado di far arrivare le immagini migliori che permettessero di intendere cosa pensavano “gli Italiani d’Italia”, rispetto a fotografie e cartoline che invece ritraevano solamente i paesaggi, il traffico e la moda.

A testimonianza di questa voglia irrefrenabile di carpire il pensiero italiano, ancora prima della fondazione di Cinecittà, può essere utile riportare la lettera inviata dalla tripolina al suo parente residente in Italia: “Caro zio, non ti stupire, sto per chiederti una cosa che ti parrà strana. Avrei tanto piacere di ricevere cartoline postali che riproducano i luoghi più belli d’Italia, ma che siano piene di gente, animatissime, che mi permettano di capire ciò che qui a Tripoli non capisco. Se puoi mi mandi le foto degli attori più famosi mi fai una cosa graditissima. Ho una gran voglia di venire a trovarvi, ma lo studio e gli impegni me lo proibiscono. [..] La tua tripolina”.

Spazio viene dato anche al Governatore della Libia, Italo Balbo, con le sue idee innovative nella gestione delle questioni pubbliche, che portarono ad un miglioramento dell’economia del paese nordafricano, che divenne infatti un importante polo per il commercio con l’Europa. La donna considera Tripoli la sua casa, qui erano nati lei ed i suoi fratelli e qui la sua famiglia aveva avviato la propria attività lavorativa. Allo scoppio della guerra, il richiamo dei parenti dall’Italia non cambiò la volontà di voler continuare a rimanere in Libia, dove d’altronde si era scritto un “importante capitolo della storia italiana”. Il nome della signora verrà rivelato solo alla fine del racconto, nome che – come avrà modo di capire il lettore – ha un duplice significato. Amadelli conclude il libro con una galleria fotografica di Tripoli e di alcuni oggetti protagonisti della sua storia.