Lunga è ormai la storia che ha caratterizzato la vita dei rimpatriati dalla Libia, un percorso fatto di speranze, delusione ed euforia. Queste emozioni si sono altalenate nel corso degli oltre cinquant’anni dalla cacciata, tra risultati positivi e frustrazioni continue.
Le infinite battaglie, le decine di convegni organizzati, così come il lavoro sottotraccia per raggiungere gli obiettivi prefissati, ruotavano quasi sempre attorno alla data del 7 ottobre. Come abbiamo già avuto modo di scrivere in diverse occasioni, questa non è una data come un’altra, ma è stata la giornata chiave nel sistema delle relazioni tra Italia e Libia.
Per i pochi che non sanno, il 7 ottobre era per Gheddafi “il giorno della Vendetta”, una data da festeggiare tutti gli anni: vendetta contro le violenze del colonialismo italiano, che – secondo una ricostruzione del tutto personale – era alla base della decisione di espellere la collettività italiana residente nel Paese nordafricano, quest’ultima accusata di rappresentare un residuo della precedente occupazione. Dopo la firma del Trattato nel 2008, tra lo stesso Gheddafi e l’allora premier italiano Berlusconi, quella stessa data divenne “il giorno dell’Amicizia”.
Tuttavia, il 7 ottobre è ancora significativo. Il ricordo è necessario per non permettere che le vicende dei rimpatriati siano condannati all’oblio. Nonostante le criticità più volte rimarcate nel recente passato, molti rimpatriati hanno ancora la forza, da un parte, di voler mantenere un dialogo attivo con le istituzioni per chiudere definitivamente il contenzioso economico e, dall’altra, di voler testimoniare come una categoria di cittadini incolpevoli abbia dovuto prendere sulle proprie spalle il peso della storia.
Ecco perché ancora oggi l’attività dell’AIRL risulta fondamentale e vitale per la conservazione del ricordo e per provare a sfuggire alla condanna della memoria. Da sempre, infatti, l’AIRL si è fatta promotrice dell’importanza del ricordo e del valore della memoria. Benché i Rimpatriati abbiano dimostrato sempre un atteggiamento responsabile e aver tentato di difendere i loro diritti solo nei confronti dello Stato italiano, ad oggi, nelle stanze che contano non si è riuscito a trovare tempo, spazio e modo per una risoluzione definitiva di questa vicenda.
Esiste il dovere di ricordare, perché proprio la memoria è il punto di partenza per comprendere chi siamo e per guardare al presente e al futuro con la consapevolezza necessaria. Per questo è essenziale conoscere la storia del nostro Paese, compresa la storia di tutti quegli italiani che hanno subito soprusi senza avere nessun tipo di colpa. Damnatio memoriae.
Mario Savina, analista ricercatore, si occupa di Nord Africa e flussi migratori. Sapienza Università di Roma, AIRL Onlus – Italiani di Libia, OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo (Istituto “S.Pio V”)