Comunicato stampa del 3 marzo 2006

I rimpatriati dalla Libia sono increduli e sgomenti: sembra di essere tornati indietro al 1970 quando Gheddafi, dopo le iniziali rassicurazioni dell’anno precedente, con un veemente discorso pronunciato a Misurata il 9 luglio anticipò i provvedimenti che avrebbe preso solo qualche settimana dopo contro la collettività italiana: la confisca di tutti i beni il 21 luglio, seguita il 7 ottobre dall’espulsione accompagnata da vessazioni di ogni genere.

«Non è credibile che sia il popolo libico a nutrire sentimenti di vendetta contro gli italiani di oggi per le “colpe” dell’Italia di un secolo fa. – afferma Giovanna Ortu presidente dell’AIRL- I libici che ci aiutarono allora in ogni modo offrendoci ospitalità, cibo e denaro, sono rimasti in contatto con noi per tutti questi anni e ci hanno accolto fraternamente l’anno passato sia a livello di popolazione che di autorità».

Gheddafi, dalla posizione di debolezza del regime oggi, lancia le sue invettive contro un Paese che ha avuto l’unica colpa di blandirlo senza mai prendere una posizione ferma, chiara e definitiva, né quando si trattava di protestare né quando era il caso di fare delle concessioni anche generose per ritrovare normali rapporti di collaborazione ed interscambio.

«Accanto alle grandi criticità del rapporto bilaterale – ricorda la Ortu- c’è da sempre il nostro contenzioso sottovalutato e volutamente dimenticato da  tutti i governi avvicendatisi in Italia che hanno preferito, spesso purtroppo senza esito, anteporre i grandi interessi nazionali alla difesa della dignità e dei diritti sia dei rimpatriati che dei titolari di commesse non onorate».

Tutti i rimpatriati insistono affinché la Casa delle Libertà e l’Unione non sfruttino a fini elettorali una situazione delicata e difficile, ma trovino il modo di condannare insieme le offensive espressioni del Colonnello in nome dei principi di libertà e democrazia che accomunano gli italiani tutti.