Il Messaggero – 21 Gennaio 2014

Nuovo attacco al cimitero italiano a Tripoli, con decine di tombe danneggiate e una guardia uccisa, nell’ambito di una revanche dei nostalgici di Muammar Gheddafi in Libia, un Paese sempre più nel caos e con il premier Ali Zeidan ‘impossibilitatò a governare. «La situazione è sempre più compromessa, senza ormai controllo del territorio», ha detto oggi il ministro degli Esteri Emma Bonino in Parlamento, sottolineando la necessità di un maggiore impegno perchè il Mediterraneo «è in in fiamme».

Nella notte tra domenica e lunedì, un gruppo di sostenitori del defunto rais ha effettuato un secondo raid nel cimitero di Tripoli dopo quello di sabato che aveva fatto registrare danni limitati grazie all’intervento delle forze di sicurezza e degli abitanti del quartiere, quello di Mansoura. Questa volta il bilancio è ben più serio: sono state danneggiate a colpi di Ak47 le vetrate della gran parte delle tombe, distrutte le carte conservate nell’archivio e dati alle fiamme i due edifici dei guardiani. In entrambi i casi, gli assalitori hanno fatto irruzione sventolando le bandiere verdi dell’ex regime. «È un segno del fatto che i rapporti di forza a Tripoli sono cambiati. I residenti del quartiere (dove sorge il cimitero, ndr) sono per la maggior parte pro-governo, ma evidentemente i nostalgici di Gheddafi hanno guadagnato spazi, e non temono più di uscire allo scoperto», riferiscono fonti qualificate nella capitale libica.

«È un episodio gravissimo, spregevole, che però va collegato all’incapacità» della politica di garantire l’ordine. Le bandiere verdi sono tornate a sventolare in alcuni villaggi sulla costa mediterranea, nel tratto che va da Tarhouna a Sirte, la città natale di Gheddafi, e violenti e continuati scontri si registrano in tutto il Paese, compresa l’area a ovest di Tripoli, da Zawiya fino a Ras Jedir, il valico verso la Tunisia. Ieri il bilancio è stato di cinque morti e una ventina di feriti. E, in questo contesto, si registra un rinnovato, «martellante» tam tam della propaganda dei pro-Gheddafi, che sui loro siti web accusano l’Italia di «aver tradito Gheddafi» e di sostenere «l’attuale governo corrotto». L’Italia è in prima fila negli aiuti al Paese, anche con l’addestramento di 350 militari libici a Cassino, una notizia che ha avuto grande visibilità e scatenato le minacce dei gheddafiani, che su alcuni siti web all’estero intimano agli italiani di «lasciare il Paese entro i prossimi giorni o verrete attaccati». Minacce «poco credibili» e che «lasciano il tempo che trovano», secondo gli osservatori. Non sarebbe invece da ascrivere a questa atmosfera il rapimento di due operai italiani a Derna, venerdì scorso, in una zona dove è forte la presenza di gruppi jihadisti ma soprattutto di bande criminali, pronte a tutto per racimolare denaro. Sul piano generale resta endemica l’instabilità politica: la mozione di sfiducia al premier Zeidan ha ottenuto solo 99 firme, al di sotto delle 120 necessarie, non raggiungendo il quorum necessario, ma il partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Jcp), il braccio politico dei Fratelli musulmani, ha annunciato le dimissioni dei propri 5 ministri, tra i quali quello del Petrolio. Zeidan può dunque contare ora solo su 66 voti in Parlamento su 194, il che rende impossibile l’azione di governo.

L’instabilità «ha lasciato mano libera a vendette personali e politiche dal sapore ideologico», nota un analista: «Le autorità sono incapaci di imporre l’ordine con la forza, anche nella Cirenaica che reclama il federalismo». Il premier Zeidan ha spiegato che un’azione di forza contro le milizie di Bengasi, che reclamano il diritto di gestire autonomamente le importanti ricchezze petrolifere e gasiere della regione, è rimandata perchè lo chiede Abdul Jalil, il presidente del Cnt che guidò alla vittoria i ribelli libici nel 2011. «Credo sia un tentativo di sviare l’attenzione dall’incapacità del governo», prosegue l’analista. Insomma la profezia di Gheddafi, che aveva parlato di una “somalizzazione della Libia” senza di lui, sembra concretizzarsi. Il rais «sapeva bene che danni aveva creato, che popolo aveva plasmato facendo leva sul lato peggiore del lato umano»

Redazione