Corriere della Sera – 13 Gennaio 2013

Storie di italiani, gente comune che ha gioito e sofferto, subendo i capricci e le crudeltà della storia. Si potrebbe dire: una storia collettiva degli italiani meno illustri, quelli che di solito non hanno la possibilità di consegnare

le proprie parole alla memoria di tutti.

È questo il gigantesco patrimonio lasciato da Saverio Tutino con la fondazione, nel 1984 a Pieve Santo Stefano, dell’Archivio dei Diari che ancora oggi si alimenta di materiali di pregio notevole. Una specie di speculum di ciò che eravamo e di ciò che siamo. Da oggi a domenica 15, Pieve (in provincia di Arezzo) celebra il Premio annuale, consegnando un riconoscimento, tra gli altri, a Vinicio Capossela e a Francesca Borri, giornalista freelance la cui attività si svolge tra Siria e Palestina. Saranno tre giornate intense di appuntamenti, il cui programma è consultabile nel sito www.premiopieve.it.

Domenica verrà assegnato il riconoscimento maggiore, con la scelta del vincitore tra gli otto racconti autobiografici

selezionati quest’anno. Storie tra loro diversissime. Adriano Andreotti (1907-1970) narra il trentennio vissuto in Libia fino al 1967, quando fa ritorno nel suo paese vicino a Pistoia: sotto la suggestione della propaganda fascista e spinto dalla necessità, Andreotti emigra con la speranza di assicurare un futuro alla propria famiglia,ma la realtà di quella terra arida è ben diversa e vi troverà desolazione e abbandono, una povertà che si replica per tanti italiani arrivati pieni di illusioni. Va da sé che il ritorno sarà un non ritrovarsi, come accade a molti emigranti. Le memorie del viterbese Filiberto Boccacci (1893-1918), carattere vitale ed entusiasta, ci portano al fronte della

Grande Guerra: sono lettere inviate alla famiglia, in cui si raccontano le sofferenze della trincea, le necessità

quotidiane e i numerosi ricoveri.

Quando, aviatore, viene destinato alla difesa di Milano, un incidente aereo sarà fatale alla sua giovane baldanza.

Il venticinquenne Valerio Daniel De Simoni, nato a Sidney nel 1986, non avrà purtroppo un destino meno tragico: nelle pagine del suo diario, nei blog, nelle mail, nelle lettere racconta il suo tentativo di attraversare l’Europa e l’Africa per poi rientrare in Australia con lo scopo di battere il record mondiale di percorrenza su moto quad e raccogliere fondi a favore di due villaggi africani.

Il viaggio però si interrompe sulle strade del Malawi per un grave incidente che costerà la vita al povero Valerio. Maria Sofia Fasciotti, lucchese classe 1924, scrive il suo diario dal ’48, quando si è appena unita in matrimonio

a un conte, con il quale condivide le origini aristocratiche: dopo la separazione, Maria Sofia crescerà da sola i suoi sette figli in un percorso di maturazione tutta al femminile.

L’epistolario tra Francesco Leo e Annamaria Marucelli, compreso tra gli anni 1940-46, è una sorta di diario intimo di una insegnante fiorentina e di un tenente milanese, le cui vicende private saranno determinate dall’incandescenza della tragedia storica. Il resoconto quasi quotidiano stilato da Francesco Sartori si sofferma,

tra il 1905 e il 1910, sulla sua paternità e sull’amore per la moglie Alfonsina malata di tubercolosi ossea, ma non trascura di registrare le attività agricole nel Viterbese e le vicende politiche locali e no, in cui il nostro viene coinvolto.

Siamo a Orta Nova di Foggia con Rosario Simone, che a vent’anni, nel 1980, decide di partire in compagnia

di un amico per l’Africa settentrionale, dove inizia un decennale viaggio di formazione, ricco di incontri e di

esperienze straordinarie, che culminano in Iraq, dove sarà interprete dall’arabo per una troupe della Rai.

Donato Vinci, infine, nasce a Martina Franca nel 1894, ottantenne comincia a scrivere le sue memorie di

contadino emigrato a Roma come agente di custodia fino al ’31: prima ancora però, la sua è una vicenda di

miseria familiare e di sofferenza in trincea e in prigionia, con la deportazione in Serbia. Da lì a Salonicco e il

rientro in patria, dove sarà impiegato nella polizia penitenziaria.

Il femminicidio, si sa, non è una novità. Lo documentano le memorie epistolari di Giuseppe Forcignanò, che usciranno per l’editore Forum di Udine e verranno presentate sabato a Pieve. Titolo: Tirai su di lei per troppo amore. L’autore è un pittore nato a Gallipoli nel 1862 ed emigrato in Argentina in cerca di fortuna. È lì, nel 1910, che sposa una brillante giornalista, Rosa, che verrà inviata a Parigi come corrispondente de La Prensa.

Peppino la segue con entusiasmo e con la speranza che la Francia gli possa regalare qualche soddisfazione

artistica. Lamattina del 17 febbraio 1914, però, accecato dalla gelosia («senza avere la coscienza di me stesso») spara due colpi di fucile contro Rosa. Finirà in carcere per omicidio; nella sua cella, dove continuerà a scrivere lettere di perdono alle sorelle, morirà cinque anni dopo.

Bisogna coltivare la memoria perché la storia cessi di ripetersi.

Paolo Di Stefano