Corriere della Sera – 18 Luglio 2012

Sarà una lunga estate di negoziati per la formazione del primo governo eletto democraticamente dalle ceneri della dittatura di Muammar Gheddafi quella che attende i 200 membri del nuovo Parlamento nato dalle elezioni del 7 luglio. Sarà il polo liberale a fare la parte del leone, forte della maggioranza relativa guadagnata sugli 80 seggi destinati ai partiti. Ma è ancora lunga la strada per arrivare alla soglia dei cento seggi più uno necessaria a garantire la governabilità. E i Fratelli musulmani potrebbero lavorare di sponda cercando consensi tra la pletora di candidati indipendenti. Ieri sera la Commissione elettorale si è riunita nelle sale lussuose

del grande centro congressi presso l’Hotel Rixos per comunicare i risultati ufficiali.

Il pubblico, i circa 3.000 candidati e gli esponenti degli oltre 130 partiti in lizza hanno ora due settimane di tempo per chiedere chiarimenti e presentare contestazioni. A fine luglio verranno ufficializzati i risultati definitivi, verrà sciolto il vecchio Consiglio nazionale transitorio (nato sin dai primi tempi delle sommosse nel febbraio 2011) ed entro la prima settimana di agosto dovrebbe riunirsi il nuovo Parlamento.

«Non avremo un nuovo governo prima di settembre, la sfida che attende i nuovi politici è gigantesca. Si tratta di avviare complicate

trattative con i candidati indipendenti molti dei quali non hanno alcuna vera posizione ideologica e sono pronti a schierarsi con il maggior offerente», ci ha detto Khaled Alì Sahli, membro influente della Commissione elettorale. La lettura dei risultati è proseguita a lungo nella serata, verso le 23 è emerso comunque evidente che la coalizione formata da una sessantina di liste e guidata dal liberale Jibril sarà il vero ago della bilancia.

Non è sicuro che Jibril si candidi al posto del premier. «Potrebbe attendere i 18 mesi di questa legislatura transitoria, sostanzialmente

finalizzata a formulare la nuova Costituzione. E invece candidarsi alle prossime elezioni, guidando da dietro le quinte il nuovo governo ad interim», sostengono i suoi consiglieri più prossimi. La prossima fase della politica in Libia si svolge dunque

sul cercare di mettere assieme gli 80 deputati eletti nei ranghi dei partiti con i 120 indipendenti, molti dei quali sconosciuti agli stessi esponenti dei gruppi maggiori.

Ieri sera è stato comunque definito che il partito guidato da Jibril, l’«Alleanza delle forze nazionali», controlla 39 seggi, contro i 17 di «Giustizia e ricostruzione», la lista dei Fratelli musulmani. Tra le ipotesi più diffuse quella di una coalizione di unità nazionale tra le due liste maggiori. A sostenere Jibril sono i 2 deputati legati al gruppo di Alì Tarhouni, ministro del Petrolio dimissionario, oltre ai 3 del «Fronte nazionale» di Mahmoud al-Meghrafi, storico intellettuale della dissidenza a Gheddafi in esilio che veniva dato tra i favoriti e invece rimane deluso. Forte delusione anche per «Al Watan» di Abdel Hakim Belhaj, leader salafita di spicco che fu tra

i combattenti della «guerra santa» al fianco dei talebani in Afghanistan e poi catturato dalla Cia, prima di venire consegnato otto anni fa agli aguzzini di Gheddafi. Sperava di andare bene grazie alla fama conquistata durante le rivolte come capo militare della regione di Tripoli. Ma non avrebbe guadagnato neppure un seggio. Anche Derna, la sua roccaforte sulle montagne della Cirenaica religiosa, vota in massa per Jibril. Quanto alle candidate donne, ieri sera tardi i giornalisti libici le stavano ancora contando, pare siano più di trenta.

Lorenzo Cremonesi