La Stampa – 17 Febbraio 2012

Misurata era chiusa dentro l’assedio degli uomini di Gheddafi. A Bengasi, ogni giorno passavano notizie di stragi laggiù, ma era impossibile verificarlo. L’unico accesso alla città assediata era via mare, ci provava qualche battello che contrabbandava armi e viveri per gli insorti. Tre volte chiesi al giornale di autorizzarmi a tentare. «No, è troppo pericoloso». Poi, alla quarta, mi lasciarono. Sbarcai sotto le bombe, dopo una traversata di 21 ore. Mi fermai laggiù una settimana, le bombe e i razzi cadevano alla media di ogni 2-3 minuti; non avevano bersaglio, venivano tirati per terrorizzare e ammazzare. Sentivi il fischio del colpo che arrivava, ti buttavi a terra o ti schiacciavi contro un muro. Non pensavi a niente. Ho visto decine di morti, li portavano via dentro una coperta, con uno spago. Alla testa e uno ai piedi. «Allah u-Akbar», non c’era tempo per piangere. Ripartii di notte, sotto le bombe. Non dimentico quelle coperte come salami

Mimmo Candito