La Stampa – 9 Ottobre 2011

«La nostra non è stata e non è una guerra civile, è la lotta di un popolo oppresso contro una sanguinaria dittatura. Nessuna riconciliazione sarà possibile per il semplice fatto che una minoranza armata che è stata per 42 anni al potere è stata sconfitta, e adesso dovrà essere processata per i suoi crimini. Contro Gheddafi dovrà essere celebrato un processo politico».

L’appuntamento è alle undici di sera. Ultimo giorno di ramadan, e il professor Ahmed el Gehani ci riceve in un ufficio di un piccolo centro direzionale. Il professore Gehani insegna diritto penale a Tor Vergata (Roma), ed è il delegato del Cnt al Tribunale penale internazionale (Tpi) dell’Aja. In questi mesi è stato il coordinatore del gruppo di lavoro che ha raccolto denunce e prove contro Muammar Gheddafi, suo figlio Saif al Islam e Abdullah al Senussi, il capo dei servizi di sicurezza, il macellaio di Abu Salim.

Professor Gehani, se e quando sarà catturato, consegnerete Gheddafi al Tribunale penale dell’Aja?

«Non esiste un problema di giurisdizione. La Libia non ha sottoscritto il Trattato di Roma, ha il diritto di decidere se consegnare i criminali alla giustizia internazionale o se processarli in Libia».

Il presidente Jalil sostiene che i Gheddafi possono essere processati qui e poi consegnati al Tpi.

«Si processa una persona una sola volta per lo stesso reato. Jalil sbaglia perché il doppio processo non è fattibile. Dico subito che noi vogliamo fare un processo con osservatori internazionali, del Tpi. L’Aja ha spiccato un mandato di cattura sulla base di prove e indizi raccolti da noi, senza che nessun investigatore o magistrato dell’Aja ci desse un aiuto. Evidentemente il lavoro dei nostri giovani magistrati è stato ritenuto legittimo».

Questo cosa significa?

«Che la giustizia libica è in grado di processare gli imputati nel rispetto dei parametri internazionali».

Per quali reati e crimini volete processare il Colonnello Gheddafi?

«Per tutti i 507 articoli del nostro Codice Penale, che non bastano. Non esiste, per esempio, un articolo che punisce chi si è reso responsabile della distruzione del proprio Paese. Noi vogliamo più un processo politico che un processo giudiziario classico. Un processo più simile a quello celebrato contro Saddam Hussein che contro Hosni Mubarak».

Un processo politico?

«Noi vogliamo un processo che risponda a domande molto semplici. Per esempio: perché Gheddafi per 42 anni ha gestito il potere manifestando tutta questa ostilità verso il popolo libico? Perché ha sperperato la ricchezza del Paese? Lui si è reso colpevole di una sistematica e continua rapina del suo territorio. Certo, è il mandante di omicidi, di stragi, di rapimenti e di rapine. E tutto questo sarà documentato. Quello che è importante, però, è una operazione verità sul contesto generale».

L’Aja vuole processarlo per crimini contro l’umanità, per gli omicidi, le torture, gli stupri, i rapimenti…

«Spetterà al nostro popolo giudicare. Ogni giorno riceviamo denunce, fotografie e prove. Adesso che è libera anche Tripoli, ci stanno arrivando le richieste di donne di poter testimoniare all’Aja per gli stupri di cui sono state vittime».

Guido Ruotolo