Corriere della Sera – 14 Settembre 2011

Gli illustrissimi Luigi Frati e Giovanni Lobrano hanno cambiato idea sul «professor» Muammar Gheddafi? O si getteranno anche loro all’inseguimento dell’ex dittatore libico non per consegnarlo ai ribelli, si capisce, ma per tornare a invitarlo a fare una lectio magistralis o addirittura a ritirare una laurea honoris causa? I primi ad avere questa curiosità dovrebbero essere gli studenti della Sapienza di Roma e della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Cagliari, protagoniste di indecorose genuflessioni all’ allora capo della Jamahirya. Se la storia è davvero maestra di vita, infatti, nulla è più importante della memoria. Per imparare dagli errori. Per pesare le persone. Sono passati solo poco più di due anni dal giugno 2009 in cui il Colonnello venne in Italia. Due anni. Ed è impossibile dimenticare i salamelecchi nei quali si prostrarono Franco Frattini, Silvio Berlusconi (che indifferente alla tragedia degli italiani buttati fuori dal dittatore non solo gli baciava l’anello ma gli prometteva di tornare in Libia per festeggiare «la vostra grande rivoluzione») e tanti altri esponenti della politica nostrana. Che arrivarono a spendere 994.923 euro per «lavori di adeguamento» della meravigliosa Villa Doria Pamphili dove il capriccioso ospite, che a Tripoli viveva nel palazzo da mille e una notte coi rubinetti d’oro che abbiamo scoperto poche settimane fa, fece tirar su una tenda beduina. Bene: in queste sviolinate spiccarono appunto quei due uomini della cultura nostrana. Il primo, Giovanni Lobrano, preside di Giurisprudenza a Cagliari, spiegò solenne che «la delibera del consiglio di Facoltà ha deciso per il conferimento della laurea honoris causa al Presidente Gheddafi» spiegando che comunque la decisione finale sarebbe spettata al Rettore e al Ministero, che grazie a Dio riposero la stupidaggine là dove doveva stare, nel cestino. Il secondo, Luigi Frati, rettore della Sapienza, già noto come uomo tutto ateneo e famiglia per aver piazzato nei suoi immediati dintorni universitari la moglie, il figlio e la figlia, si spinse con sommo sprezzo del ridicolo a concedere al tiranno tripolino addirittura l’aula magna (dove il despota si presentò annoiatissimo con due ore di ritardo) perché tenesse una lezione sulla democrazia. Lui! Sulla democrazia! Una «lezione» di leggendaria cialtroneria: «Demos in arabo vuol dire popolo e crazi vuol dire sedia. Cioè il popolo si vuole sedere sulle sedie. Se noi ci troviamo in questa sala siamo il popolo, che si siede su delle sedie, e questa andrebbe chiamata democrazia, cioè il popolo si siede su delle sedie». Surreale, poi, fu l’ invito a farsi avanti rivolto alle «amazzoni» bellocce e grintose che gli facevano da body-guard . Ammazza!, sbottò er rettore: «Le abbiamo apprezzate molto! Purtroppo c’ è qui mia moglie…». Ecco: entrando nel vivo dell’ anno accademico non pensano i due esimi professori di avere qualcosa da spiegare ai loro studenti?

Stella Gian Antonio