Corriere della Sera – 28 Giugno 2011

Caro Romano, 
sono un cittadino italo-libico. Personalmente considero le tribù un fatto del passato senza utilizzo pratico nel presente. So da che tribù provengo e so per certo che non esistono né capo tribù, né una scala gerarchica, né un consiglio tribale. Non so a quale tribù appartengano i miei amici libici e se lo venissi a sapere, non cambierebbe nulla. Chissà come ha fatto il ministro Frattini a trovare 150 capi tribù per un incontro a Roma (incontro rinviato senza data). Gheddafi ha utilizzato il fatto delle tribù per dividere e imperare. Gli occidentali, invece? Io non li capisco. Capisco solo che questa cosa mi offende. La rivoluzione araba è una creatura dell’epoca moderna, dei social network, dei giovani che scendono in piazza. E voi continuate a vederci in una tenda berbera con il cammello e le mosche sul naso.

Karim Mutawassit, Bologna

Le tribù sono famiglie allargate, gruppi di autodifesa, associazioni di mutuo soccorso. Non esistono soltanto in alcuni Paesi africani, ma anche, con nomi e forme diverse, in alcune società europee. Sono importanti quando controllano una risorsa (un giacimento petrolifero, il consenso politico, i voti) e possono negoziare con il governo un trattamento di favore per il gruppo dirigente e i suoi seguaci. Per gli uomini liberi sono un abito troppo stretto di cui è meglio sbarazzarsi il più presto possibile.

Sergio Romano