Il Giornale – 5 Giugno 2011

Il cimitero di Hammangi a Tripoli, storico complesso dove sono tutt’ora custoditi resti di circa 6500 espatriati italiani in Libia, è stato profanato da alcuni sconosciuti che ne hanno danneggiato alcune strutture e imbrattato le mura di cinta con ingiurie e minacce soprattutto contro la Nato. 
L’Airl, l’Associazione degli italiani rimpatriati dalla Libia, è stata protagonista di una lunga battaglia per la sua ristrutturazione. E Giovanna Ortu, la sua presidente, si dice «rattristata e costernata». Fonti italiane a Tripoli riferiscono che gli uffici e la cappella del cimitero che, con il restauro del 2009, è diventata un ossario in cui sono raccolti i resti dei connazionali morti e sepolti nella loro patria d’adozione sono stati devastati e depredati completamente, ma che le tombe sono state risparmiate.
«Per anni Hammangi era stato alla mercè di ladruncoli e malviventi di piccolo cabotaggio che profanavano le tombe solo per rubare, questa volta invece si è trattato di un vero e proprio atto ostile contro l’Italia da parte dei fedelissimi di Gheddafi, su questo non ci sono dubbi», ha detto.
Gli aggressori hanno anche danneggiato la casa del custode (un italiano di 77 anni che il Giornale aveva intervistato lo scorso marzo) mentre sul muro di cinta sono comparse scritte in cui tra l’altro si minaccia di appiccare il fuoco all’intero complesso.
Non è la prima volta che vengono presi di mira simboli italiani a Tripoli da quando, a febbraio, è iniziata la rivolta anti-regime. Lo scorso 1° maggio la sede dell’ambasciata italiana era stata attaccata assieme a altre rappresentanze occidentali all’indomani del raid della Nato in cui, secondo Tripoli, era rimasto ucciso l’ultimogenito di Muammar Gheddafi, Saif al-Arab.
Dopo decenni di abbandono, il cimitero di Hammangi era stato restaurato ed nuovamente inaugurato meno di due anni fa dal sottosegretario Alfredo Mantica alla presenza di una delegazione dei rimpatriati. Attualmente è in corso il completamento del progetto con la traslazione delle salme tuttora sepolte nei villaggi grazie ai fondi messi a disposizione dal Fondo di Beneficenza della Banca Intesa Sanpaolo. A causa del conflitto, però si è tutto bloccato. 
Hammangi era nato come sacrario militare su progetto dell’architetto Paolo Caccia Dominioni, lo stesso che costruì il cimitero di El Alamein. Si trova su un terreno donato all’Italia dal re di Libia, Idriss Senoussi, nel 1954. Aveva accolto le spoglie di oltre diecimila caduti della guerra coloniale, oltre che la salma di Italo Balbo. Nel 1971 tutti i resti dei militari erano stati trasferiti in Italia.
«È una notizia tristissima quella che abbiamo appreso oggi da Tripoli – ha detto Giovanna Ortu – una notizia che dà un ulteriore segno della totale inciviltà di quanti ancora si ostinano a non abbandonare Muammar Gheddafi. Quando nel 2004 ero tornata per la prima volta a Tripoli dopo tanti anni, vedendo il disastro di Hammangi mi ero indignata ma quando ero stata lì nel 2009 per la nuova inaugurazione mi sono commossa, era stato fatto un lavoro veramente fantastico e ora siamo ancora alle profanazioni».

Redazione