La Stampa – 9 Maggio 2011

Voci dalla capitale: forse è rimasto ferito o ucciso nei raid

Otto giorni, anzi nove. L’astinenza dal video di Gheddafi comincia a essere sospetta. Se poi si aggiungono le indiscrezioni rilanciate da ambienti diplomatici a Tripoli (sono 45 le rappresentanze straniere in Libia) allora l’assenza diventa un giallo, un mistero. Insomma, per dirla tutta, che fine ha fatto il Colonnello? È vivo? O è rimasto ucciso o gravemente ferito dai bombardamenti della Nato? «Quella notte ci hanno portati in quella casa – rivela un ambasciatore straniero presente a Tripoli – ed era tutto distrutto. La Nato ha utilizzato delle bombe speciali, di quelle che creano una violentissima pressione in orizzontale. Insomma, è difficile sopravvivere agli effetti di quelle bombe…».Un passo indietro nel tempo. Al 30 aprile. La mattina Gheddafi rilancia l’ipotesi di una tregua e nello stesso tempo avverte Roma: sarà guerra in Italia. L’amico (ex) Berlusconi aveva dato il via libera alla possibilità che i nostri velivoli diventassero operativi, insomma sganciassero le bombe.Poi, nel cuore della notte di sabato 30 aprile, il portavoce del regime comunica ai media che la Nato ha bombardato la casa dove si trovava Gheddafi ed erano stati uccisi il figlio Saif el Arab, la moglie e tre nipotini del raiss, figli di tre figli del Colonnello: Mohammad, Hanibal e Aisha. Alcuni testimoni eccellenti sono stati portati nella camera ardente. Ma i corpi di Saif el Arab e di sua moglie erano avvolti in teli bianchi. Il vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli, si è limitato ad osservare: «Il cadavere era troppo sfigurato…». Insomma non si poteva procedere alla sua identificazione. Era davvero Saif? Il dubbio che potrebbe essere stata una messinscena è fortissimo. Perché non hanno fatto delle fotografie? E poi c’è il precedente della morte della figlia adottiva di Gheddafi, Hana, rimasta sotto le macerie a Bab el Azizia, durante i bombardamenti voluti da Reagan, nel 1986. Fonti dei rivoltosi sostengono che Hana non sia mai morta, che faccia il medico e che in questi anni abbia viaggiato all’estero, a Parigi, a Londra, in Germania, lasciando tracce documentali della sua esistenza e del suo passaggio attraverso le frontiere Schengen. E dunque, perché Gheddafi non si fa vedere in pubblico da prima del bombardamento della casa di Saif el Arab? Perché è ferito o, peggio, è rimasto ucciso dalle bombe Nato?Ma in questi giorni il filo delle comunicazioni tra la comunità internazionale e il regime non si è mai interrotto. Proprio ieri si segnala un indubbio successo di Gheddafi: il governo transitorio egiziano ha infatti introdotto il visto per i cittadini libici. Una novità che arriva dopo che, la settimana scorsa, un rappresentante del Cairo era stato a Tripoli, ricevuto dal primo ministro Al Baghdadi Ali al Mahmoudi. E dunque l’introduzione del visto ha il sapore del favore egiziano fatto a Tripoli. Se per esempio un libico emigrato in Canada decidesse di tornare a casa, per imbracciare il kalasnikhov e combattere in Cirenaica contro le truppe lealiste, non potrebbe entrare in Libia attraverso la frontiera egiziana se sprovvisto di visto. E il visto potrebbe non essere concesso. Ma chi è in questi giorni che guida l’offensiva militare contro i ribelli, che tesse la rete di relazioni diplomatiche internazionali, che organizza le partenze dei profughi verso l’Italia? Chi è l’erede del Colonnello, soprattutto oggi, se è vero che Gheddafi si trova in difficoltà perché ferito o se addirittura è morto per via dei bombardamenti? Sia le fonti diplomatiche internazionali che ambienti dei rivoltosi indicano in Saif el Islam, l’erede di Gheddafi, il figlio che ha ereditato lo scettro del comando in questi mesi. E’ lui che sta organizzando il popolo dei profughi del Corno d’Africa da usare come bombe contro l’Italia? E’ lui che li carica sulle carrette del mare stipate fino all’inverosimile, con il rischio che ormai è certezza che i pescherecci naufragano. Le ultime tragedie di questi giorni portano i rivoltosi a interrogarsi. E probabilmente nei prossimi giorni chiederanno ai Paesi della Nato di far bombardare la flotta peschereccia per evitare che quelle navi si trasformino in bare. Per evitare che in questa maledetta guerra si contino migliaia di vittime straniere: i profughi del Corno d’Africa.

Guido Ruotolo