Il Corriere della Sera – 21 Febbraio 2011

Ho molti amici là, ma ho paura a chiamarli perché le comunicazioni sono intercettate. «A marzo sarei tornato in Libia. Ma un mese fa al ministero degli Esteri mi sconsigliarono. C’ erano già segnali di turbolenza». L’ ingegner Francesco Prestopino in Libia c’ è nato. «Sono nato proprio a Bengasi, la città che in questo momento è sotto assedio. Ho tanti amici laggiù. Evito di chiamarli al telefono perché le comunicazioni sono intercettate e loro potrebbero subire brutte conseguenze». Nato nel 1934, Prestopino, vicepresidente dell’ associazione degli italiani espulsi, è tornato a Bengasi a metà degli anni 70. «Mi ero laureato in ingegneria civile a Bologna e sono andato a lavorare laggiù prima con la Lodigiani e poi con la Impregilo». Sotto la direzione di Prestopino sono sorti in Libia il porto industriale di Marsa el-Brega, il complesso petrolchimico di Ras Lanuf, il complesso siderurgico di Misurata e il porto militare di Homs. Durante i dieci anni in cui ha seguito la costruzione di queste opere, Prestopino abitava a Bengasi e ricorda che già a quel tempo la gente mal sopportava la dittatura di Gheddafi. «In tutta l’ area della Cirenaica i libici erano amareggiati per quello che il colonnello aveva fatto a re Idris. Loro amavano il re. Gheddafi ne era consapevole e aveva piazzato spie dappertutto. Li teneva in pugno col terrore. Nessuno osava aprire bocca, ma si vedeva che dentro ribollivano di odio».

Marco Nese