L’Unità – 29 Agosto 2010

Stavolta il contrordine non è arrivato. Il Colonnello, i purosangue, le tende beduine, le amazzoni con i baschi rossi e in alta uniforme, sono a Roma. Nessun rinvio, stavolta. Nessuna imbarazzata correzione dell’ultim’ora da parte della Farnesina. I fotoreporter, i cineoperatori, possono prendere d’assalto il super blindato aeroporto di Ciampino. L’appuntamento è a mezzogiorno. Gheddafi c’è. A ricevere il Raìs non sarà l’«amico Silvio» ma il ministro degli Esteri Franco Frattini. Resta il mistero su come il Colonnello trascorrerà la domenica romana. I primi appuntamenti ufficiali per i festeggiamenti del Trattato di Amicizia sono fissati per lunedì, a due anni esatti dalla firma dell’accordo di Bengasi del 30 agosto 2008. Ma anche stavolta non si escludono possibili «blitz» nelle strade della Capitale o più generici «incontri con la gente». 
Domenica libera . «Il leader ama fare queste cose…», raccontavano nel pomeriggio di ieri fonti libiche. E tornano alla mente le «serate di gala» dello scorso novembre, quando Gheddafi – a Roma per il vertice Fao – si fece reclutare centinaia di avvenenti ragazze da un’agenzia di hostess per impartire lezioni di Islam sotto la tenda. «Non sappiamo cosa vorranno fare questa volta i libici, decidono sempre all’ultimo minuto – raccontano dalla sede dell’agenzia che “servì” Gheddafi l’ultima volta -. Ci hanno contattato negli ultimi giorni per allertarci nel caso servisse, ma ci sembra di capire che se Gheddafi vorrà, inviterà solo alcune delle ragazze che ha già visto l’altra volta. Noi comunque – assicurano – siamo pronti per qualsiasi evenienza». Sorprese a parte, c’è già anche qualcosa di già definito. È confermato ad esempio che Gheddafi pianterà la sua inseparabile tenda beduina nella residenza dell’ambasciatore Abdulhafed Gaddur in un elegante quartiere a ridosso della Cassia (e non nel bel mezzo di Villa Pamphili, come nel giugno del 2009) e che domani pomeriggio inaugurerà assieme a Berlusconi una mostra fotografica sulla storia della Libia all’Accademia libica. 
Spettacolo assicurato Il clou della serata sarà uno spettacolo equestre davanti a Berlusconi, Gheddafi e agli oltre 800 invitati che culminerà con le figure disegnate dal Carosello dei Carabinieri. Sarà sempre nella caserma «Salvo D’Acquisto» di Tor di Quinto, che il premier offrirà al suo ospite l’Iftar, la cena di interruzione del digiuno previsto nel mese di Ramadan. Fino a questo momento è l’ultimo appuntamento segnato in agenda, con Gheddafi che dovrebbe – ma il condizionale diventa d’obbligo – ripartire martedì. Nel frattempo, cresce la protesta. «Ancora non abbiamo visto un euro», denuncia l’Airl, l’associazione degli italiani rimpatriati dalla Libia. Dell’Airl, Giovanna Ortu, nata nel 1939 nel Paese africano da padre sardo e madre siciliana e cacciata assieme ad altre 20.000 persone nel luglio 1970, subito dopo la presa del potere da parte del colonnello Gheddafi nel settembre 1969, è la presidente. 
Voci di protesta «Più che di risarcimento – spiega Ortu in un colloquio con l’Adnkronos – , si tratterebbe di un modesto indennizzo, rispetto ai 400 miliardi di lire al valore del 1970 che rivalutati sarebbero pari a circa 3 miliardi di euro di oggi; una somma praticamente pari ai 5 miliardi dollari destinati dal nostro governo alla Libia per i cosiddetti danni del colonialismo e pagati attraverso la costruzione di un’autostrada e altre opere urbanistiche, per i cui lavori sono comunque interessate aziende italiane: una sorta di “partita di giro” insomma. Ma la realtà è che anche di questo modesto indennizzo nelle nostre tasche non è arrivato finora nulla». 
I diritti umani? A Berlusconi si rivolge anche l’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi chiedendogli «di rinegoziare in tempi rapidissimi gli accordi Italia-Libia in maniera tale che includano strumenti di garanzia del rispetto dei diritti umani, con il coinvolgimento delle istituzioni dell’Europa e dell’Onu». «Chiediamo inoltre – dice il responsabile generale, Giovanni Paolo Ramonda – la cessazione di ogni respingimento verso la Libia o verso ogni altro Paese che non garantisca il pieno rispetto dei diritti umani; la garanzia a tutti gli immigrati che cercano di raggiungere l’Italia di poter accedere alle procedure per la richiesta di asilo; il rispetto delle leggi del diritto del mare; la promozione di una politica seria per l’innalzamento dei finanziamenti ai progetti di sviluppo, unici in grado di combattere la povertà e quindi di agire sulla causa». L’associazione ricorda alle istituzioni italiane «che dal 7 maggio 2009, in aperto spregio delle norme internazionali sui diritti umani, il nostro Paese ha consegnato alle autorità libiche centinaia di donne, uomini e bambini, migranti e richiedenti asilo, che tentavano di raggiungere l’Europa imbarcandosi attraverso il Mediterraneo su mezzi di fortuna, rischiando la vita per sfuggire a persecuzioni, torture, guerre e condizioni di povertà estrema».

U. De Giovannangeli