La Stampa – 13 Giugno 2010

Se oggi pomeriggio il premier Silvio Berlusconi atterrerà davvero a Tripoli – perché come avvertono fonti di Palazzo Chigi «con la Libia fino all’ultimo non si sa mai» – sarà questione di routine, una delle numerose consultazioni da tempo in corso tra i due governi. Almeno ufficialmente. 
Mentre infatti il programma protocollato della visita prevede che i due capi di Stato discutano della preparazione del G8, del G20 e soprattutto del 30 agosto prossimo, ex giornata dell’odio contro gli italiani trasformata in ricorrenza dell’amicizia, voci di corridoio suggeriscono che la sortita di Berlusconi abbia motivazioni diplomatiche assai più circostanziate. Certo, c’è la storia dei tre pescherecci battenti bandiera tricolore intercettati e fermati dai libici, ma si tratta di normale amministrazione. Nulla a che vedere comunque con il destino dell’imprenditore svizzero Max Goeldi sul cui rilascio, atteso per questa sera, il primo ministro italiano potrebbe avere un’influenza determinante. 
Il condizionale a questo punto è d’obbligo. Di certo c’è solo la presenza a Tripoli di Micheline Calmy Rey e Miguel Angel Morations, rispettivamente ministro degli esteri elvetico e spagnolo, con la missione di risolvere la vicenda che contrappone Berna a Muammar Gheddafi dal 2008, quando Hannibal Gheddafi, uno dei figli del colonnello, fu arrestato a Ginevra con l’accusa d’aver maltrattato due domestici. In cambio dovrebbe essere rilasciato Max Goeldi, l’uomo d’affari svizzero condannato l’11 febbraio scorso a quattro mesi di detenzione per violazione della legge sull’immigrazione. 
E Berlusconi? Come s’incastra la deviazione dal viaggio di ritorno da Sofia nel complicato puzzle geopolitico euro-mediterraneo? Non è un mistero che da quelle parti la sua parola sia piuttosto ascoltata: perché non spenderla in un caso delicato come questo? Da mesi Spagna e Germania mediano per raggiungere un accordo. Ma mentre la Libia continua a subordinare il rilascio di Goeldi all’istituzione di un tribunale che si pronunci sulla legalità del procedimento contro Hannibal, nessuno ha dimenticato il summit della Lega araba a Sirte, quando il premier italiano giocò un ruolo decisivo nello sblocco della crisi dei visti tra Tripoli e l’Unione Europea. Nonostante il lavoro delle diplomazie di Berlino e Madrid restava in piedi la barriera con la Svizzera e oggi, in prossimità dell’epilogo, è meglio assestare una vigorosa spallata in più. 
Storia o leggenda, a credere all’intercessione provvidenziale di Berlusconi è l’Airl, l’associazione degli italiani rimpatriati dalla Libia, che ieri ha tuonato contro la disponibilità del nostro premier «a prendere in consegna il cittadino svizzero in cambio di chissà quali contropartite del governo elvetico». La presidente Giovanna Ortu non usa mezzi termini: «E’ una vicenda che trascende le nostre povere cose e sarà certamente occasione d’un nuovo scambio di effusioni tra Berlusconi e Gheddafi in vista della visita del leader libico in Italia il 30 agosto».

Francesca Paci