Il Secolo XIX – 15 Febbraio 2010

Domenica mattina avevano reso nota la decisione di annullare con effetto immediato i visti di tutti i turisti provenienti dall’area Schengen. E già la sera le autorità libiche hanno messo in atto il provvedimento, respingendo i cittadini europei. All’aeroporto internazionale di Tripoli è scoppiato il caos. Anche perché sono stati colpiti dal provvedimento cittadini già in possesso di un regolare visto, concesso nei giorni scorsi. A farne le spese anche diversi italiani. Un primo gruppo, del quale facevano parte tre italiani e nove portoghesi, è stato bloccato all’aeroporto dalle autorità libiche, sottoposto a severi controlli durati ore, poi rimpatriato con lo stesso aereo con il quale era arrivato. I nove portoghesi respinti, fra l’altro, erano stati invitati dello stesso governo libico per partecipare alla fiera libico-portoghese. Ad assistere gli italiani bloccati, il console generale Francesca Tardioli che ha passato la notte in aeroporto. I respingimenti sono proseguiti per tutta la giornata, man mano che arrivavano i voli dall’Europa. Altri tre italiani, arrivati con un volo dell’Air Malta, sono stati rimandati indietro. I cittadini fatti entrare in Libia sono per lo più di dipendenti a contratto di società petrolifere che operano in Libia. 
Oltre agli italiani hanno avuto problemi anche cittadini portoghesi, austriaci, francesi, greci e maltesi. Il provvedimento non riguarda i cittadini britannici, dato che la Gran Bretagna non aderisce al patto di Schengen. Da Bruxelles arriva la prima reazione per voce del commissario europeo agli Affari Interni, la svedese Cecilia Malmstroem. «La Commissione Europea – si legge nella nota diffusa a Bruxelles – deplora la decisione unilaterale e sproporzionata delle autorità libiche di sospendere la concessione di visti a cittadini di paesi Ue dell’area Schengen. La Commissione si rammarica inoltre che a viaggiatori che avevano ottenuto visti legalmente prima della misura di sospensione è stato rifiutato l’ingresso una volta giunti in Libia». 
L’Italia, da parte sua, ha fatto sapere di voler «verificare la correttezza della decisione della Svizzera». «Priorità del governo italiano e di tutti i paesi colpiti dal provvedimento – ha evidenziato il ministro per le Politiche Europee, Andrea Ronchi – è tutelare i cittadini, gli imprenditori e le libertà di interscambio» dell’area Schengen. Mentre il ministro degli esteri Frattini ha affermato che «la decisione svizzera» di inserire Gheddafi nella cosiddetta lista nera di Schengen «per risolvere una questione bilaterale, di fatto prende in ostaggio tutti i Paesi» dell’area Schengen. La Farnesina ha poi diramato un comunicato nel quale sconsiglia tutti i viaggi verso la Libia «fino a quando il problema non sarà risolto». 
La Svizzera non ha commentato lo stop della Libia ai visti. Una decisione assunta da Tripoli dopo che la Svizzera aveva emanato un decreto per evitare l’ingresso nel territorio elvetico a 188 libici, tra cui il leader Gheddafi e membri della sua famiglia.«Il governo svizzero – si è limitato ad affermare il portavoce del Ministero degli Esteri elvetico, Lars Knuchel – ha deciso alla fine dell’estate 2009 una politica dei visti restrittiva nei confronti della Libia. E tale politica è ancora applicata».

“Una ferita che si riapre ogni volta”

“Ogni volta che sentiamo queste cose, per noi è come se si riaprisse una ferita”. Giovanna Ortu, presidente dell’Associazione italiani rimpatriati dalla Libia (Airl), commenta così la decisione di Tripoli di sospendere i visti turistici ai cittadini dell’area Schengen. La Ortu sottolinea con rammarico “quanti sforzi l’Italia abbia fatto per prostrarsi al colonnello” e come quest’ultimo “ne inventi sempre una nuova”. La presidente dell’Airl chiede più “fermezza” alle autorità italiane. “Non si può far ragionare uno psicopatico ma si può cercare una costante che salvi almeno la dignità”.

Giuseppe Giannotti