UnSognoItaliano.it – 11 Settembre 2009

Il “Colonnello” Gheddafi si è presentato con appuntata sulla giacca una foto in  bianco e nero che ritrae  Omar el Mukhtar, l’eroe libico, il guerrigliero antiitaliano, catturato dai nostri soldati. Così mi sono chiesto se qualcuno dei patres conscripti che accoglieranno il Dittatore di Tripoli oggi nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani si presenterà con appuntata sulla giacca una foto delle tante opere pubbliche e sociali realizzate in Libia dall’Italia coloniale.

Ci vorrebbe più di una foto, un book, come oggi si dice, di quelli a soffietto che un tempo andavano di moda per offrire ai turisti una panoramica del luogo visitato, per ritrarre scuole, strade, ospedali, villaggi rurali, fabbriche che i governi vollero lungo il mezzo secolo nel quale la Libia fu la quarta sponda d’Italia.

L’Italia si è scusata con il “Colonnello” per il suo passato coloniale, fatto delle tante opere sociali di cui si è detto ma anche di qualche episodio cruento, come quelli che hanno accompagnato la repressione dei ribelli beduini dell’interno, una repressione culminata con il processo e la condanna a morte del “Leone del deserto”, l’eroe che Gheddafi esalta anche per cancellare dalla memoria del suo popolo il vero capo della resistenza antiitaliana, Idris I Sidi Muhammad Idris al-Mahdi al-Senussi, primo ed unico re di Libia . da lui detronizzato nel 1969. Quando cominciò la confisca dei beni della comunità italiana in un crescendo di angherie e soprusi dovuti alla ventata nazionalistica promossa dal “Colonnello” nel tentativo di creare una “identità nazionale” in un paese senza storia, una somma di tribù di pastori e di piccole comunità di predoni.

L’Italia si è scusata. Le scuse vanno di moda da qualche tempo anche oltre Tevere dove i Papi si sono spesso scusati di più di qualche nefandezza dei colonizzatori cristiani assistiti da virtuosi cappellani di Santa Romana Chiesa.

La storia va capita nella realtà dei tempi nei quali si sono svolti i fatti, ma le scuse di oggi sono un fatto politico che nulla ha a che fare con la storia, perché se questa fosse la regola sarebbe tutto uno scusarsi. A cominciare da chi ha mandato a morte Cristo per un “reato” religioso, ossia l’essersi proclamato figlio di Dio, per giungere ai tempi nostri che richiederebbero una litania di scuse delle quali moltissime dovrebbero provenire proprio dal mondo arabo, da quanti, a far data dalla morte di Maometto, hanno massacrato milioni di cristiani dal Medio Oriente all’Egitto, alla Libia, appunto. La quale era terra romana e dovrebbe chiedere scusa per il modo con il quale ne conserva le vestigia, incurante anche dei propri interessi turistici, pur di negare quelle radici che gli islamici nei secoli hanno sistematicamente  estirpato con il sangue.

Né mi risulta che gli eredi dell’Unione Sovietica si siano scusati mai per i massacri che ne hanno accompagnato la nascita e l’affermazione di potenza, per non dire del sangue sparso in Ungheria e Cecoslovacchia e di quello che ha bagnato il muro di Berlino.

Sono fatti consegnati alla storia ed alla valutazione degli storici. Fatti esecrabili, ma le scuse appartengono ad altra valutazione, di opportunità politica o di opportunismo, la cui utilità va valutata attentamente, ad evitare che appaia agli occhi di chi riceve le scuse un errore che manifesta debolezza per errori dei quali le istituzioni attuali e le persone che le incarnano non hanno alcuna responsabilità. Errore ancora più grande se le scuse vengono rivolte ad uno sfrontato dittatore il cui scopo è tenere l’Italia, meglio la classe politica italiana, sotto ricatto per spillare denaro del contribuente.

Salvatore Sfrecola