La Stampa – 28 Agosto 2009

Sarà per fiuto politico, o perché è baciato dalla fortuna. Fatto sta che in tempi non sospetti Berlusconi pare avesse spostato la data del suo viaggio in Libia. E invece di recarsi a Tripoli l’l settembre, per festeggiare l’anniversario del golpe che portò Gheddafi al potere, chiese e ottenne dal Colonnello di anticipare l’appuntamento al 30 agosto (ricorrenza del Trattato di amicizia italo-libico siglato un anno fa a Bengasi). Questo, perlomeno, sussurrano fonti diplomatiche bene informate. Palazzo Chigi smentisce con forza, «la data del primo settembre non è mai esistita» assicura il portavoce Bonaiuti, «il viaggio è sempre stato quello del 30 agosto». E tuttavia certe «gole profonde» dalla Farnesina insistono, aggiungendo che il Cavaliere si giustificò coi libici in modo geniale, negando di possedere il dono dell’ubiquità: purtroppo l’l settembre lui intendeva recarsi a Danzica per un’altra celebrazione densa di significati, i 70 anni dallo scoppio della Seconda guerra mondiale, come poteva trovarsi a Tripoli nello stesso giorno?

In questo modo Berlusconi ha schivato una tegola. Perché la sua presenza alla festa del regime sarebbe stata insostenibile, specie dopo la liberazione del terrorista libico al­Megrahi, condannato in Scozia per la strage di Lockerbie e riaccolto trionfalmente in patria non più tardi di sette giorni fa. Il presidente francese Sarkozy s’è precipitato ieri a smentire le voci che lo volevano a Tripoli. Idem il primo ministro russo Putin. I 40 anni di Gheddafi al potere saranno festeggiati da un gruppo di leader africani e dall’ «uomo forte» del Venezuela, Hugo Chavez. Avesse accolto l’invito, si sarebbe trovato in loro compagnia, esposto a ogni sorta di critica. Viceversa, Berlusconi ha trovato il modo di sottrarsi senza offendere l’ospite, il quale ci vende gas e petrolio, per non dire degli investimenti finanziari che la Jamahiriyya si appresta a compiere nel nostro paese.

Gioco facile, per Palazzo Chigi, segnalare in una nota che Berlusconi andrà a Tripoli due giorni prima, e per tutt’altri motivi. Partirà con un aeroplanino senza seguito di giornalisti (solo telecamere), avrà un colloquio col Colonnello nella stessa tenda che gli americani non sanno dove ospitare, quando Gheddafi si recherà a New York il 23 settembre. A sera, frugale cena perché sono i giorni del Ramadan, e ritorno in patria del premier. Nel mezzo, visita al cantiere dell’autostrada che l’Italia s’è impegnata a costruire per chiudere il contenzioso coloniale, quindi posa della prima pietra, infine ispezione del vagone proposto dall’ Ansaldo per la nuova ferrovia libica. Affari, affari e ancora affari. Punta l’indice Di Pietro nel suo blog: «Sono questi il motivo dell’atteggiamento da zerbino», insinuando che Berlusconi possa avere qualche vantaggio in proprio. E l’Udc insiste, che vergogna far esibire le Frecce Tricolori alla parata del regime …

Però in effetti pure la Francia spedirà dei suoi aerei. Gli stessi inglesi invieranno una banda di ottoni del Galles che farà a gara con i nostri della Brigata meccanizzata Sassari. Alza le spalle l’ex presidente Cossiga: «Se Gheddafi ci dà il petrolio, chissenefrega delle Frecce Tricolori … Io gli avrei mandato pure l’Amerigo Vespucci».

Ugo Magri