Il Sole 24Ore – 14 Giugno 2009

Ci sono storie che nessuna fantasia riuscirebbe a partorire con così tanta crudeltà. Coincidenze tra vicende politiche e tragedie personali che lasciano quasi atterriti. Chissà cosa dovrà pensare dei casi della vita Alfeo Agostinetto, classe 1920, ora relegato in una casa di cura a Pontecchio, in Abruzzo, dopo una vita difficile. 
Non aveva neppure 20 anni nel ’39, quando da San Donà di Piave, Venezia, prese la sua morosa, Milena Zanin, di Casale sul Sile per cercare fortuna in terra libica. Trovò un pezzo di deserto da coltivare a Dafnia, provincia di Misurata, 150 Km da Tripoli, ex villaggio Garibaldi. In quei 35 ettari coltivati a olivi, mandorli e vigna vennero alla luce sei figli: Alberto, Pietro, Claudio, Giancarlo, Noemi e Rosetta. Una vita di soddisfazioni ma anche di fatica. Poi, nel ’69, la rivoluzione dei colonnelli capeggiati da Muammar Gheddafi. 
Molti erano già riusciti a vendere case e poderi. Alfeo no. Nell’agosto del ’70 fu colpito dalla confisca dei beni e dal decreto di espulsione. Il rientro in Italia non fu facile. Un mese di pensione a Roma fino a quando la generosa ospitalità degli abruzzesi consentì alla famiglia Agostinetto di rifarsi una vita. Lui come bidello nelle scuole elementari dell’Aquila fino alla pensione. Poi i figli che crescono e si sposano con le usanze italiane interrotte dal cous cous del venerdì e da qualche amico libico in visita di tanto in tanto. 
Le scosse del terremoto di due mesi fa non hanno lesionato la casa di cura di Pontecchio dove si trova Alfeo. È lui il più fortunato ma tre dei sei figli sono, per la seconda volta nella loro vita, senza un tetto sulla testa. A Paganica, la notte del terremoto, Claudio e Pietro si ritrovano di nuovo a guardare il cielo non da una nave che li riporta in Italia ma fuori dalle loro case crollate. Si cercano l’un con l’altro, sono tutti incolumi davanti alle macerie. Stessa sorte per Alberto, in affitto in un appartamento all’Aquila gravemente lesionato. La famiglia di Claudio, moglie e due figli, si sistema sotto una tenda (tenda vera, non come quella di Gheddafi usata solo per gli incontri ufficiali). Alberto si ritira nel suo camper cui aggiunge un container per un po’ di privacy per i figli adulti. Pietro accetta l’ospitalità degli alberghi sulla costa. A chi chiede loro cosa si può fare per aiutarli, dicono: «Per ora ci viene dato tutto quel che ci serve». 
Differenze a analogie tra le due esperienze? Claudio risponde: «Ero un bambino, della campagna di Dafnia ricordo giochi con le lucertole, le valigie rigonfie alla partenza, le ore di attesa sotto il sole al porto, i pianti di mia madre e il coraggio fiero di mio padre». Ma se gli si chiede della visita del “leader” a Roma a denti stretti sussurra: «Se avessi un mitra…». Pietro: «Solo questo ci mancava, Gheddafi è venuto a dettare legge pure qua». E Alberto: «Avevo 14 anni quando siamo partiti ma mi ha dato fastidio vedere Gheddafi ricevuto in questo modo ». 
Resta la domanda. Cosa penserà Alfeo Agostinetto, classe 1920, del bizzarro intreccio dei destini quando Gheddafi, presidente di turno dell’Unione africana, scorrazzerà tra le strade di Abruzzo per partecipare al G-8 tra poche settimane?

Gerardo Pelosi