Il Messaggero – 11 Giugno 2009

E’ arrivato il raìs nell’Urbe, e trova panem et circenses per i suoi gusti. Indosseremo tutti, fino a quando Gheddafi non ripartirà, un costume da danzatori tuareg, per allietare il suo soggiorno romano? Pasteggeremo, intorno alla tenda beduina piazzata in mezzo a Villa Pamphili, a base di zupponi di carne d’origine berbera, per essere più simili al Colonnello e farlo sentire davvero a casa sua? 
Gheddafi è quello che è, non proprio un santo, ma ogni volta che s’affaccia in un Paese straniero chiede tante cortesie per l’ospite e riesce benevolmente a ottenerle. Ecco, vuole essere trattato in guanti bianchi, anche se lui in patria non è solito usarli con tutti i suoi connazionali. 
Peccato soltanto – il raìs ci scuserà – che la ricostruzione a Roma del suo habitat naturale si sia limitata per ora al montaggio della tenda da rude leone del deserto, ben sorvegliata dalle quaranta amazzoni in divisa cachi e basco rosso che sono le ”vergini del Colonnello”, particolarmente addestrate nel corpo a corpo. Per omaggiarlo di più, e meglio, non si poteva portare a Villa Pamphili anche qualche ettaro di sabbia rossa dell’Hamada al Hamra, il deserto roccioso di cui lui è genius loci? E perchè non abbiamo fatto arrivare da laggiù anche un po’ d’acqua del Golfo della Sirte, l’arco di Marco Aurelio che si trova nella Medina di Tripoli e i cavalli e i cammelli che Gheddafi voleva portarsi, per esempio, nella visita che fece a Parigi due anni fa? 
Nella capitale francese, il presidente-colonnello-dittatore piazzò la sua tenda a ridosso degli Champs Elysées, fra nuvole d’incenso e traffico impazzito tutt’intorno. Parigini incuriositi, ma più spesso inferociti. E quando il rais se ne tornò in patria, il quotidiano «Le Parisien» – sintetizzando il fastidio dei cittadini per i capricci dell’ospite – titolò: «Ouf!» (per dire: finalmente se n’è andato!). Mentre Nicolas Sakozy simpaticamente ironizzò sul difficile rapporto che s’era stabilito fra gli abitanti di Parigi e il leader libico voglioso di far pesare in tutti i modi la sua presenza in città, rendendola più caotica del solito: «Ho evitato una guerra di religione fra l’Occidente e l’Islam!», commentò il presidente francese. 
Anche a Bruxelles, quando era presidente della Commissione Europea il professor Prodi, un tipo che capisce il ruolo di Gheddafi ma certo non ne condivide gli atteggiamenti e tantomeno le politiche, il raìs si presentò portandosi appresso la sua dimora del deserto, la fece montare nel grande parco che circonda Val Duchesse e per il numero di richieste e la larga compagnia al seguito (oltre trecento persone) fece tanta impressione agli occhi dei belgi, notoriamente sobri. E sarebbe stato gustoso assistere anche alla sua visita al Cremlino, dove aveva allestito la tenda sul piazzale e s’infilò un colbacco sulla testa riccioluta che in queste ore compare su ogni schermo tivvù. E fai zapping, e la ritrovi su un altro canale, vai sul satellite e rieccola, fuggi sul digitale terrestre ma non c’è niente da fare. 
A Roma, data l’estrema gentilezza con cui viene ricevuto, al punto che il raìs terrà un discorso in Parlamento (in realtà anche in Francia lo fece e lì fu peggio: in Aula mentre qui solo nella Sala Zuccari del Senato), si potrebbe concedere al nostro eroe, si fa per dire, una carta d’identità. Perchè gli manca: «Sono un nomade beduino sperduto, che non possiede neppure il certificato di nascita». Glielo diamo noi? Non c’è tempo. Troppi gli impegni, troppi gli svaghi. Vuoi una festa di piazza? Eccoti servito! Vuoi una laurea in giurisprudenza, e l’onore di recitare una lectio magistralis a «La Sapienza» dedicata al diritto (pur non essendo il tuo forte), fai pure! Anche se il look del rais, un po’ pallido e sbattuto nella sua divisa su cui s’è appiccicato il poster dell’antico eroe anti-italiano Omar Al Mukhtar, più che quello d’un accademico del Lincei sembra quello di un’attempata rock star o del giovane-vecchio Michael Jackson nel celeberrimo video di «Thriller». Intorno a lui e al suo camerino di stoffa ruvida, bastava ieri fare un salto dalle parti di Villa Pamphili, impazza il Muhammar Gheddafi Show: in ogni angolo poliziotti, carabinieri, vigili urbani, guardie forestali, agenti dei servizi segreti nostrani e libici (chi finge di leggere un giornale, chi di baciare una collega nelle vesti di pseudofidanzata), elicotteri, aerei di ricognizione… Gli basta? Speriamo di sì. Perchè quando andò a Madrid nel 2007 (sempre in compagnia della sua capanna che s’è portato anche a Bruxelles), Gheddafi chiese e ottenne da Zapatero un’impetuosa esibizione di flamenco che la gitana andalusa «Maria la Coneja» (Maria la Coniglia) subito eseguì deliziando l’ospite e poi riempendolo di complimenti: «Lo sa che lei assomiglia a un patriarca zingaro?». 
Chissà se qui a Roma pretenderà un coro di voci bianche, ma quirite, che sotto la tenda intonino per lui in romanesco: «Er barcarolo va, controcoreeeenteeee…». A questo punto, sarebbe il minimo.

Mario Ajello