Il Sole 24Ore – 4 Marzo 2009

Non vi è alcuna prova che il fondatore dell’Eni Enrico Mattei e il colonnello Muammar Gheddafi si siano mai conosciuti. Ma a qualcuno piace pensarlo per trovare una “ratio”, un filo rosso che viene da lontano e porta all’abbraccio di lunedì, a Sirte, tra Silvio Berlusconi e il “leader” della grande Jamahiriya libica con tanto di richiesta di perdono ufficiale peri crimini del passato e invito al G8 della Maddalena contenda al seguito.

Il 27 ottobre`62 a Gela, proprio lì dove c’è il punto di arrivo del gasdotto Green Stream, prima di imbarcarsi sull’aereo che precipitò poi a Bascapè, Mattei pare abbia incontrato un gruppo di emissari arabi, uno libico, che stavano preparando un colpo di Stato contro re Idris. Forse un giovanissimo Gheddafi? Le ipotesi si sprecano.

Di certo bruciava molto a Mattei la decisione del sovrano Idris di bloccare un accordo quadro con l’Eni per lo sfruttamento delle risorse energetiche della Libia.

Lo sponsor dell’accordo, il primo ministro Zine El-Abidine Ben Ali, era stato messo da parte e re Idris aveva dato via libera all’accordo con Esso e Occidental.

L’Italia si dovette accontentare di una fetta più piccola del business almeno fino al ‘67 quando fu scoperto il giacimento di Bu Attifel, a un migliaio di chilometri a Sud Est di Tripoli.

Ma è con l’avvento del colonnello, nel `69, che l’Eni torna ad avere un ruolo di peso. Con una decisione apparentemente contraddittoria, mentre a ventimila italiani lì residenti viene ingiunto di lasciare il Paese in ventiquattro ore, il gruppo petrolifero italiano allarga le proprie attività. A ricordarlo oggi è Guglielmo Moscato una vita spesa tutta nell’Eni fino a ricoprire la carica di presidente dell’Agip, poi di ad e infine, dal`96 al`99, presidente del gruppo. «Dopo la prima scoperta del campo di Bu Attifel – ricostruisce Moscato alla metà degli anni`70 nel Golfo della Sirte l’Agip ottenne un permesso di ricerca denominato NC 41, permesso dal quale proviene il greggio del campo di Buri e il gas esportato in Italia fino al 2005».

Moscato parla di rapporti cordiali con gli uomini della società Noc, di reciproco rispetto, nonostante i problemi politici del passato, maturato nella vita in comune nei campi e nei training per i tecnici locali.

Ma il vero salto di qualità si ha nel`93 quando, nel deserto di Ras Lanuf, l’allora ministro del petrolio libico e oggi segretario generale dell’Opec, Abdallah El Badri, firma con il presidente dell’Agip Moscato un accordo quadro che consente lo sviluppo dei campi di gas offshore e quello onshore (Wafa) al confine con l’Algeria. «Voglio precisare – aggiunge Moscato che quell’accordo fu farina del nostro sacco, non c’era alcuna sponda politica, semplicemente abbiamo convinto la controparte libica a puntare non più sul greggio ma sul gas così come andava dicendo fin dall’inizio Mattei perché ve ne era tanto e nel futuro la domanda sarebbe cresciuta».

L’importanza strategica di quell’accordo quadro fu compresa molto bene sia a Tripoli che a Roma. «Ma Gheddafi – ricorda sempre Moscato – aveva capito che se c’era una convenienza libica nel progetto si stava offrendo all’Italia una gallina dalle uova d’oro e ci si aspettava quindi che il problema dei dannai di guerra sarebbe stato affrontato e risolto dal Governo italiano di lì a poco». A metà degli anni 90 il progetto prende forma con la perforazione e l’installazione dei centri di trattamento e compressione vicino a Sabratah.

Ma non arriva dall’Italia alcun ” grande gesto” a mettere la parola fine al periodo coloniale.

«Non mancarono – aggiunge Moscato – strumenti di pressione da parte libica, ci furono atti di ostruzionismo nell’allestimento dei centri off shore fino a quando, nel luglio del`98, il ministro degli Esteri Dini e il suo collega libico firmarono il comunicato congiunto».

Si tratta dell’accordo che ha aperto la strada e portato, dopo undici anni, al Trattato di amicizia e cooperazione ratificato lunedì a Sirte nel quale per la prima volta l’Italia manifestava rincrescimento per il passato coloniale e si impegnava a non infliggere più simili sofferenze al popolo libico. Quell’accordo fece d’incanto subito ogni «ostruzionismo» e aprì la strada alla costruzione del Green Stream che dal 2005 trasporta in Italia 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno fino al mega accordo dell’ottobre 2007 con la Noc per 28 miliardi di dollari.

Alla fine della storia, è difficile capire se in Libia abbia giocato un ruolo più la diplomazia dell’Eni che quella ufficiale. «Sono sempre stato contrario a commistioni fra iniziative industriali e politica – confessa oggi Moscato – anche se certe iniziative industriali fanno eccezione perché sono d’interesse strategico nazionale».

Gerardo Pelosi