La Repubblica – 13 Febbraio 2009

Il governo libico spinge per investire in Italia. E per far ciò utilizzerà la sponda di Mediobanca. Subito dopo l’approvazione in Senato dell’ accordo di amicizia siglato il 30 agosto scorso tra il premier Silvio Berlusconi e il presidente dell’ Unione Africana Muammar Gheddafi, il governo di Tripoli ha chiesto attraverso i canali diplomatici di organizzare un incontro per mettere a fuoco quali possono essere i settori e le aziende italiane in cui far convogliare capitali freschi di proprietà dei fondi sovrani libici. Un assaggio della nuova politica di investimento e dell’ interesse degli uomini di Gheddafi verso l’ Italia si è già potuto concretizzare con l’ importante investimento in Unicredit della Central Bank of Libia e del Libyan Investment Authority (Lia). Tra il 4,9% di azioni della banca di Piazza Cordusio acquistate sul mercato e una tranche da 690 milioni del bond Cashes in sottoscrizione da lunedi prossimo la somma totale investita nella banca guidata da Alessandro Profumo sfiora già i due miliardi. A ciò si aggiunge un impegno a salire fino al 5% di Eni e un interesse generico a rilevare una quota importante di Telecom Italia che possa in qualche modo far da contraltare all’ ingombrante presenza degli spagnoli di Telefonica. Ma i libici non sono interessati solo alle grandi imprese: la loro potenza di fuoco da impiegare nel Belpaese potrebbe arrivare anche a 20 miliardi di dollari e potrebbe indirizzarsi anche alle piccole e medie imprese. Per scegliere i settori e le aziende più interessanti il ministro per la pianificazione Abdul Hafid Zletni e i vertici del Lia si appoggeranno alle indicazioni fornite da Mediobanca. Il trait d’union con la merchant bank di piazzetta Cuccia è stato tracciato da Tarak Ben Ammar, presente nel cda in rappresentanza dei soci francesi e buon amico di Berlusconi e Gheddafi. È stato Ben Ammar a organizzare l’ incontro di ieri, coinvolgendo Cesare Geronzi e Alberto Nagel, in un summit a Palazzo Grazioli in cui erano presenti anche il ministro Giulio Tremonti, il sottosegretario Gianni Letta e l’ ambasciatore libico in Italia Hafed Gaddur. «La Libia considera l’ Italia meta prioritaria e potrebbe indirizzarvi il 90% dei propri investimenti all’ estero – ha detto Ben Ammar – l’ambasciatore Gaddur ha svolto un ruolo chiave nell’ avvicinamento dei due paesi». A sostenere la tenuta del sistema economico italiano di fronte agli esponenti libici, poi, non è stato solo Berlusconi, ma soprattutto Tremonti. Il ministro dell’ Economia ha spiegato alla delegazione nord-africana i punti di forza del sistema italiano che può contare su un debito delle famiglie e del settore privato molto più basso di quello degli altri paesi e che rappresenta una sorta di controbilanciamento al debito del settore pubblico che supera il 100% del pil. Nei prossimi mesi si vedrà verso quali aziende si muoveranno gli uomini di Gheddafi sottobraccio a Mediobanca.

Giovanni Pons