I diplomatici occidentali continuano ad abbandonare la Libia che sprofonda nella spirale incontrollabile del caos mentre nell’area di Tripoli si rischia la catastrofe a causa degli incendi a catena di depositi di carburante colpiti da un razzo durante i gli scontri tra fazioni rivali. Dopo gli americani – che hanno lasciato la capitale libica due giorni fa – a ricevere l’indicazione di partire sono stati oggi i diplomatici tedeschi e austriaci. Resta invece a Tripoli l’ambasciatore italiano Giuseppe Buccino, unico tra gli occidentali.
Il ministro degli Esteri Federica Mogherini chiede di «ricondurre gli sforzi internazionali in Libia ad un coordinamento Onu per fermare le violenze», mentre il premier Matteo Renzi, in una lettera ai senatori della maggioranza, ricorda tra l’altro che la Libia «per noi italiani è il problema più prossimo» tra i tanti fronti internazionali di crisi. E in serata twitta: «I gufi, le riforme, i conti non mi preoccupano. La Libia invece sì. Ma sembra impossibile parlare seriamente di politica estera #piccinerie». Barack Obama ha convocato oggi una conference call sui teatri di guerra – Ucraina, Medio Oriente e Libia – alla quale hanno partecipato Angela Merkel, Francois Hollande, David Cameron e lo stesso Renzi. È necessario un cessate il fuoco immediato tra le milizie a Tripoli hanno sottolineato i cinque leader, condannando qualsiasi qualsiasi uso della violenza per attaccare i civili, intimidire i funzionari, o interrompere il processo politico nel Paese. Dopo che ieri 100 italiani avevano lasciato la Libia, e sia Berlino sia Londra avevano invitato i propri concittadini ad andarsene, anche 3.000 tra medici e infermieri filippini abbandonano il Paese provocando la reazione del ministero della Salute, preoccupato della penuria di personale sanitario. Intanto nella zona attorno a Tripoli, dove le milizie combattono per il controllo dell’aeroporto, un deposito di idrocarburi ha preso fuoco e rischia di esplodere dopo che un razzo ha colpito un serbatoio. Le fiamme si sono estese a un secondo serbatoio e i vigili del fuoco, ha detto il portavoce della Compagnia nazionale di petrolio, Mohamed al-Hrari, hanno «lasciato definitivamente la zona a causa dei combattimenti» che nelle ultime due settimane hanno fatto quasi cento morti e 400 feriti. Il governo libico avverte che si rischia una «catastrofe umanitaria e ambientale dalle conseguenze difficili da prevedere» perché l’incendio è «fuori controllo», e invita la gente a lasciare la zona perché si rischia una «grande esplosione» nel raggio di alcuni chilometri. Nei combattimenti nella zona di Tripoli è stato ucciso un cittadino egiziano, ma dal Cairo è arrivata la smentita della morte sabato di 23 operai sempre egiziani in seguito alla caduta di un razzo sull’edificio dove alloggiavano. E non sono in molti a sperare che il nuovo Parlamento libico uscito dalle elezioni del 25 giugno, e che dovrebbe iniziare a funzionare il 4 agosto, sia in grado di fermare la violenza. Anche perchè la nuova sede è a Bengasi dove solo ieri ci sono stati 38 morti in scontri tra forze speciali libiche e gruppi armati islamici.